CANTELLO Ci sono i Perfetti delle gomme da masticare Brooklyn, i Fossati eredi dell’inventore del dado Star, i Carozza dei trattori Same, gli Zegna della moda. E poi De Benedetti e Marchionne. Italiani residenti in Svizzera con il centro dei loro affari in Italia. In questo caso “frontalieri” di lusso. Ma non sono i soli. Visto che gli svizzeri presenti nelle imprese italiane, rivela uno studio della Camera di Commercio di Milano, sono circa 37mila, 2.400 soltanto nel capoluogo lombardo, 2.667 comprendendo anche Monza. Un migliaio nel Varesotto, stando all’ultima ricerca della Camera di Commercio di Varese che risale al 2009 e ha registrato da allora pochissime variazioni.
Con circa 500 imprese che sono a vario titolo partecipate, nell’area dell’Insubria, da soci svizzeri. Il cui apporto è determinante anche se in concorso con imprenditori italiani. La frontiera d’Oltralpe non è quindi esclusiva del lavoratore varesino, comasco o verbanese, ma sono anche i frontalieri elvetici a lavorare e stringere buoni rapporti con l’Italia.
Dal 2005 c’è stato un incremento del 10,6% su tutto il territorio nazionale, il 7% a Milano. Si tratta in primo luogo di amministratori di impresa, proprietari di piccole ditte e soci con altri operatori. Nella classifica delle città con il maggior numero di frontalieri svizzeri seguono, dietro Milano, Brescia e Bergamo con un totale di 1.974 lavoratori. Una ricca presenza di elvetici anche a Treviso (1.520), Teramo (1.122), Benevento (1.116), Udine (1.053) e 1.002 nella capitale.
Niente di paragonabile, però, al frontalierato vero. Quello che prospera a ridosso del confine tra Varesotto e Comasco. Dove, numeri alla mano, i frontalieri nel solo Canton Ticino sono 55.879. Valori con evidenti discrasie. Spiegabili con la grande differenza a livello salariale che favorisce, salvo eccezioni di alto livello, la migrazione da sud verso nord. I conti, infatti, sono presto fatti. Mentre in Svizzera è in corso, con il forte sostegno del sindacato Unia anche in Ticino, la battaglia su il salario minimo a 4.000 franchi validi per ogni categoria professionale, ovvero qualcosa come 3.300 euro, in Italia solo poche professioni possono vantare una busta paga così pesante. Ecco perché i “frontalieri” svizzeri sono di livello alto. Il solo che può garantire retribuzioni in qualche modo comparabili a quelle della Conferderazione.
Ci sono così, nell’elenco di queste figure: professori universitari, esperti nel campo sanitario, ma soprattutto dirigenti e manager. Di aziende magari partecipate direttamente da capitale elvetico. «Anche perché un giovane laureato svizzero specializzato nel campo della finanza – evidenziano dalle università elvetiche – ben difficilmente cercherà un lavoro a Milano; si dirigerà piuttosto verso Lugano o Zurigo, dove gli sbocchi sono numerosi e le retribuzioni superiori del 30%». Non mancano però le nicchie. Su tutti quello artistico e culturale. Che in Italia, nonostante la crisi, offre ancora oggi notevoli potenzialità di crescita.
b.melazzini
© riproduzione riservata