Milleduecento firme raccolte in un fine settimana, nei banchetti di piazza del Podestà e all’Arco del Rosario; poi qualche altro centinaio – i conteggi sono alla verifica- in negozi, caffè, edicole di Varese. Risultato oltre le aspettative, pur senza l’ossessione della propaganda, lasciando protagonista il passaparola. Sabato e lunedì si replica.
La protesta popolare contro il parcheggio della Prima Cappella è partita col botto e dimostra poche e semplici cose. La prima. L’idea è considerata come minimo inutile e come massimo nociva, in ogni caso troppo costosa (tre milioni di euro per novanta posti auto), e figuriamoci in un momento nel quale ci sentiamo dire dai governanti locali che mancano i soldi per chiudere le buche nelle strade.
La seconda. Il Sacro Monte va tutelato, è il nostro maggior patrimonio, guai a scelte non in toto convincenti. Non lo è quella che potrebbe causare danni ambientali (scavi nella roccia e chissà quale risultato), viabilistici (un semaforo a regolare l’autosilo, con intralci al traffico), e sperabilmente non anche storico-architettonici (il timore di crepe nella chiesetta dell’Immacolata, di fronte al luogo dove si useranno gli esplosivi).
La terza. Non si tratta di un’avversione pregiudiziale, minoritaria e tantomeno motivata da falsi allarmi. Ma quali falsi allarmi: qui siamo in presenza di preoccupazione vera e diffusa. Tra la gente tutta, di ogni ceto sociale, di varia estrazione culturale, di differenti idee politiche. Lo spontaneismo del no la dice lunga sulla corta attenzione non solo municipale al fenomeno.
La quarta. Non ci sono indifferenza e silenzio capaci d’isolare la voce della gente. Il comitato #Varese 2.0 è nato quasi per caso, da chiacchiere animate e voglia di scommessa civile, dall’amore per la città, da un intento di servizio, senza sponsorizzazioni, secondi fini, interessi di partito. E ha fatto boom, incrociando l’umore prevalente e ricevendo un’adesione entusiasta. Dal sito creato dai promotori vengono continuamente scaricati i moduli da firmare, e li si trova in tanti esercizi commerciali.
La quinta. Circola una forte voglia di partecipare, di esserci, di contare nelle scelte importanti, come dimostra anche il sorgere del comitato Varese 2020 a difesa d’una piazza Repubblica che abbia un senso urbanistico e una degna vivibilità. Il messaggio è: va bene la democrazia rappresentativa, ma ogni tanto ci vuole il libertarismo organizzato, la sollecitazione degli elettori agli eletti, il riaffermarsi del valore alto della “cosa pubblica”. Ovvero un opportuno promemoria a proposito di roba che ci appartiene, alla quale siamo affezionati e pretendiamo sia rivolta speciale cura, dedizione, sensibilità.
La sesta (e basta, ma potremmo continuare). Si ha voglia di spendersi per un obiettivo sostanziale e non per l’accademia. Lo scopo pratico di #Varese 2.0 è consegnare tra dieci giorni – quando scadranno i termini di partecipazione al bando del parcheggio- le firme in Comune, chiedere un’assemblea civica straordinaria, lanciare un ultimo appello ai naviganti: proseguendo su questa rotta sbagliata, rischiate di andare a sbattere. Con loro, noi. Perché siamo sulla stessa barca, ne abbiamo consapevolezza, e perciò scongiuriamo il naufragio: lo capiranno?
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