– Si era dato fuoco davanti al Lago di Como lo scorso mese di febbraio, ma solo nelle ultime ore è stata resa pubblica la sua identità: Hamid Arafi di 48 anni residente per circa 20 anni in via Sant’Abbondanzio a Cislago era disperato, tanto da decidere di farla finita cospargendosi di benzina e impiccandosi in pieno centro della città lariana.
La notizia che la vittima di quella vicenda agghiacciante, identificata nelle ultime ore, è , ribattezzato dagli amici di Cislago, Amedeo, ha fatto il giro del paese, lasciando sgomenti tutti quelli che lo avevano conosciuto. Sconcerto tra i vicini di casa a partire dal padrone dell’alloggio nel quale per circa 20 anni Hamid aveva vissuto in affitto.
Il marocchino, in seguito a una malattia degenerativa, aveva perso il lavoro (circa tre anni fa) e con il passare del tempo le sue condizioni erano andate via via peggiorando. Era stato anche sfrattato: «Lo sfratto – racconta l’ex padrone di casa, – è stato un provvedimento che abbiamo attivato nei confronti di tutti gli inquilini che vivono negli alloggi di mia proprietà dello stesso stabile, non solo per lui. A un certo punto ho deciso di vendere tutto. Ho detto a lui e agli altri che se volevano, potevano acquistare loro. Lui mi ripeteva che non dovevo preoccuparmi, lo continuava a ripetere. Ma gli dicevo di non preoccuparsi, anche senza soldi gli avrei dato una mano».
«Pensi – aggiunge Ghirimoldi – che una signora di Cislago gli ha detto che avrebbe acquistato lei, dandogli casa senza pagare, ma non ha voluto. Forse anche per orgoglio ha detto che non dovevamo preoccuparci, ma ormai non reagiva più, mangiava poco, parlava poco. Ha sempre pagato tutte le spese, non ha lasciato un euro di debito. Niente di niente. Hamid era davvero una gran brava persona».
A febbraio, dopo 20 anni, l’uomo ha deciso di lasciare Cislago: è salito a bordo di un treno e di lui si sono perse le tracce. «Gli facevo delle domande – racconta l’ex padrone di casa – e lui rispondeva con dei cenni, monosillabi. La situazione è precipitata pochi anni fa quando ha perso il suo lavoro. La malattia ne aveva peggiorato le condizioni. Lavorava in un’azienda di Gorla Minore. Lo hanno licenziato». A quel punto la crisi psicologica per quell’uomo è diventata sempre più pesante: il marocchino non voleva più saperne della vita, tanto da progettare un gesto estremo per farla finita una volta per tutte. «In una lettera – racconta Ghirimoldi – ha scritto mille volte perdono, di non cercarlo. Ha scritto quando saprete di me, sarò già in cielo». Fino a quel gesto atroce: togliersi la vita dandosi fuoco in strada.