MILANO – Il 29 aprile di 50 anni fa moriva tragicamente a Milano Sergio Ramelli, di soli 18 anni, dopo un mese e mezzo di agonia in ospedale. Sergio era stato aggredito il 13 marzo sotto casa sua, mentre parcheggiava il motorino, da un gruppo di militanti di Avanguardia Operaia, gruppo di sinistra extraparlamentare, particolarmente violento e dedito ad aggressioni ai danni di avversari politici, quali per loro era Sergio Ramelli. Iscritto al Fronte della Gioventù (braccio giovanile del Movimento Sociale Italiano),
Sergio era un ragazzo mite e serio, la cui unica colpa fu quella di essere di destra. Negli anni di piombo, bastava veramente poco per essere aggredito fisicamente, rischiando la pelle, e i numerosi morti di quegli anni cupi ce lo ricordano. Cortei, aggressioni, attentati dinamitardi; l’Italia era attraversata da violenza politica e terroristica, e, a farne le spese, oltre a uomini dello Stato, furono anche semplici militanti come Ramelli, che ebbe la sventurata ma coraggiosa idea di non nascondere le sue idee, semplicemente perchè sapeva di non compiere niente di male.
A scuola, poche settimane prima dell’aggressione, scrisse un tema in cui condannava le Brigate Rosse, e questo scritto fu la sua condanna; da quel momento iniziarono gli atti intimidatori contro di lui, le aggressioni fisiche, le umiliazioni a scuola, e i professori che tentarono di difenderlo furono oggetto allo stesso modo di intimidazioni. La sera del 13 marzo 1975 Sergio venne aggredito a colpi in testa di chiave inglese Hazet 36, ognuna delle quali pesava più di 3 kg. Gli aggressori furono poi condannati per omicidio volontario al termine del processo conclusosi nel 1989, dopo un lungo procedimento giudiziario che si svolse in un clima surreale di giustificazionismo e coperture culturali e politiche degli aggressori da parte di talune frange di sinistra estremiste.

Ogni anno, a Milano, appartenenti a gruppi e partiti di estrema destra ricordano Ramelli organizzando un corteo con fiaccolata fin sotto casa del giovane, terminando poi la manifestazione con il rito del “Presente!” e conseguente strascico di polemiche dovute al carattere “neofascista” della manifestazione.
Al di là di questo corteo, col passare del tempo vi è però una maggiore presa di coscienza bipartisan sul valore simbolico di quell’omicidio. Ogni anno le istituzioni, in modo sempre più allargato, da destra a sinistra, ricordano Sergio Ramelli ai giardinetti a lui dedicati a Milano, ma anche in numerose altre città e comuni italiani, mentre nella sede di Regione Lombardia si è svolta ieri una manifestazione organizzata dal gruppo di Fratelli d’Italia con ospiti Attilio Fontana, Ignazio La Russa (fu avvocato della famiglia Ramelli nel processo contro gli assassini di Sergio), il cantautore Enrico Ruggeri, lo scrittore Giuseppe Culicchia e molti altri. Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricordato Ramelli con un discorso pronunciato nei giorni scorsi “Cinquant’anni dopo siamo chiamati a interrogarci su quello che ancora oggi ci può insegnare il suo sacrificio. Sergio era una persona libera, ma essere liberi in quei tempi duri comportava un’enorme dose di coraggio che spesso sfociava nell’incoscienza”.

Sergio rappresenta oggi il simbolo di come l’odio possa inquinare la normale vita politica di una Nazione, laddove l’avversario diventa un nemico da eliminare, anche fisicamente, e non una persona da combattere sul piano democratico delle idee. A 18 anni, Sergio era ben consapevole del rischio che correva nel difendere le proprie idee, ma coerentemente e coraggiosamente non si risparmiò dal farlo, arrivando a pagare con la propria vita la genuinità dei suoi valori. Ecco perchè quest’oggi, a 50 anni di distanza, è importante ricordarlo e spiegare ai giovani la sua storia.