«Sì ad Abodi, ma vorrei Albertini. E il calcio risolva i suoi problemi»

Alla vigilia delle elezioni Figc parla Donato Di Campli, procuratore di Verratti e di tanti giovani

La categoria dei procuratori non parteciperà all’elezione del presidente della Figc, in programma nella giornata di oggi a Roma. È una della componenti, al pari di quella dei direttori sportivi, che non ha diritto di voto. Ciò non toglie che sia molto interessata a come andranno le votazioni, a chi verrà eletto e ai suoi programmi per il prossimo quadriennio, tanto dura la carica di presidente federale. Donato Di Campli è uno dei procuratori più in vista e conosciuti nel mondo pallonaro avendo in scuderia giovani come Orsolini (classe ’97) e Favilli (97), attaccanti dell’Ascoli con il primo ormai della Juve, Carletti (97) della Cremonese e su tutti il gioiello Verratti del Paris Saint-Germain nonché punto fermo della nazionale azzurra.

Il procuratore abruzzese (Lanciano) è bene conosciuto a Busto Arsizio per aver seguito, nel maggio 2009, il passaggio dalla curatela fallimentare della Pro Patria alla famiglia Tesoro oltre ad avere avuto in procura, a quel tempo, il fantasista tigrotto Lucas Correa, con trascorsi anche nel Varese in serie B.


Penso che per Tavecchio sia giunto il momento di fare il nonno e di portare i nipoti al parco e non di fare il presidente federale.

Perché è l’unica alternativa. Non ve ne sono altre.

Ha fatto molto bene come presidente della Lega di serie B; ha portato la categoria ad avere visibilità, l’ha resa interessante ed ha saputo anche portare gente allo stadio…


Mi sarebbe piaciuto se ci fosse stato in lizza Albertini. Una persona competente, con una bella esperienza in Italia ed all’estero come calciatore e poi come dirigente. Purtroppo non c’è.


Si, ma le tengo per me.


È circondato da persone che a mio giudizio non fanno bene al calcio e mi riferisco ai Lotito ed ai De Laurentiis. Come si fa ad accusare i giornalisti della Rai per una partita che hai perso? Ma ci si rende conto cosa potrebbe succedere alla gara di ritorno per quei poveracci se qualcuno perde la testa?


Gli stadi di proprietà: senza quelli le società vivrebbero solo sull’introito dei diritti televisivi.

Inutile. Aumenterebbero i contributi televisivi, ma i dirigenti li metterebbero negli stipendi dei calciatori.


È ovvio che noi facciamo gli interessi dei nostri assistiti. Ma qui si parla del calcio italiano e di come debba sostenersi per competere ad altissimi livelli. Non mi sembra la soluzione dei problemi la riduzione delle squadre, ma avere stadi di proprietà darebbe certezze di entrata alle società e meno dipendenza dai diritti televisivi.


Che anche tra di noi vi è gente che non ha comportamenti consoni. Diciamo che non vi è etica nel nostro lavoro perché pensiamo solo al danaro.


Tutto. La passione della gente, le straordinarie vittorie con la Reggiana, ma purtroppo anche l’amarezza per la sconfitta con il Padova quando la serie B era ad un passo.

Un gruppo di ragazzi bravi che lavorano per me e tanto girare per i campi di tutte le categorie.


Non che non voglia rispondere: non posso rispondere.