«Sì, il sogno americano esiste» E Gigi l’ha realizzato tra i big

Partire da zero con un bagaglio fatto unicamente di speranze, idee e versatilità. E arrivare dove solo l’immaginazione può portare.

O, meglio, lì dove forse nemmeno i sogni (quelli fatti ad occhi chiusi ma anche aperti) osano spingersi. Il tutto sorretto delle proprie capacità, con la tenacia da profondere nelle difficoltà del cammino come unica vera arma, ben sapendo, però, che sei in America, un posto dove se meriti di farcela, ce la fai.

E ce l’ha fatta. Sebbene, conoscendolo, si capisca subito una cosa: «Sono solo all’inizio».

Classe 1981, per tutti è Gigi. Lo era per i compagni del liceo scientifico Ferraris, sezione F, dove il suo percorso è iniziato. Un primo amore, quello per il teatro, sbocciato fra banchi e ore di noiosa matematica.

«La prima esperienza “artistica” è stata nel laboratorio teatrale della scuola – racconta – Ed proseguita dopo il diploma in una compagnia di Varese, la “Margherito Girometta” dal 2003 al 2006. Nel frattempo mi ero iscritto pure all’università, facoltà di informatica, ma mi è voluto poco a capire che non era quella “la strada”». Il sentiero giusto è di quelli che fanno fatica ad essere riconosciuti prima di incamminarsi.

Subito lontano da Varese, prima tappa Roma: «Nella capitale ho vissuto per due anni in un garage di un quartiere periferico. E sono riuscito a lavorare con al teatro di Tor Bella Monaca».

Nel frattempo la passione si modula, prende un’altra sfumatura, vira sul cinema: «Ho colto un’opportunità: tramite alcune conoscenze sono entrato nel mondo di Cinecittà, partecipando ad alcuni film come assistente alla camera. Mi sono fatto riconoscere, poi apprezzare». Nel 2008 la svolta vera, con il sentiero che si colora di stelle e di strisce: Gigi vince una borsa di studio finanziata da per una scuola di cinema a New York e si trasferisce nella Grande Mela.

«Non parlavo l’inglese e le mie disponibilità finanziarie non erano illimitate. Ho abitato prima a Long Island, a tre ore di distanza dalla scuola, e quando le lezioni finivano tardi non prendevo nemmeno il treno per tornare a casa: dormivo nei bar. Poi ho girato tutti gli ostelli di Harlem». In mezzo a compagni famosi («C’era anche il figlio di ») e insegnanti illustri, il varesino impara ogni trucco del mondo della celluloide e dà sfogo alla sua predisposizione, con laboratori che lo impegnano in corto e lungometraggi in cui si distingue per bravura ed ecletticità, due risorse che gli aprono il futuro.

Complements-Compliments

«Nel 2010 ho ottenuto la laurea in cinematografia e sono rimasto a lavorare nella scuola come insegnante per mantenermi. Nel frattempo proseguivo nei miei progetti come direttore della fotografia: c’erano giorni in cui lavoravo per 17 ore».

Tanta abnegazione viene premiata: Gigi viene chiamato ad Atlanta a girare una serie televisiva “Complements-Compliments” ed riesce a fondare una casa di produzione, la “Jack Boar Pictures”.

Dal laboratorio di teatro del liceo all’essere accreditato come riconosciuto produttore della Georgia, il passo non è dei più timidi: «Vivo in un paese (Fitzgerald) dove invece dei cani ci sono i polli randagi, giro gli Stati Uniti con la mia attrezzatura da film-maker ed ho lavorato con e
dei “Soprano”… » conclude Gigi con un sorriso. Com’era la storia del sogno americano?

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