VARESE – Aveva lasciato la scuola aperta nonostante nel marzo 2021 fosse prevista in tutta Italia, salvo la Sardegna, la chiusura a causa del Covid. Per questo è ora a processo a Varese la legale rappresentate di una cooperativa che si occupava di gestire un istituto scolastico della provincia. Per lei l’accusa è di “inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità”.
L’articolo 650 del codice penale prevede l’arresto fino a tre mesi o un’ammenda di poco superiore ai 200 euro. L’accusa contesta la violazione dell’ordinanza con cui il sindaco del paese in cui si sono svolti i fatti aveva disposto la sospensione delle lezioni in presenza, in tutte le scuole del Comune. Tra cui quella al centro della vicenda giudiziaria: una scuola che adotta metodi d’insegnamento alternativi. In quella fase della pandemia, come si è appreso dalle parole di alcuni testimoni, l’istituto aveva elaborato un piano per gestire gli spazi scolastici evitando contatti fisici e scongiurando possibili “casi Covid”, così da non costringere gli alunni a rinunciare alle attività di laboratorio con i compagni, nella convinzione che – ha spiegato davanti al giudice un testimone – la didattica a distanza avrebbe creato troppi danni agli studenti, specialmente sotto il profilo psicologico.
Nel fare ciò, tuttavia, secondo la tesi del pubblico ministero, sarebbe stata violata l’ordinanza del sindaco, prima ancora che lo stesso potesse valutare una eventuale deroga al provvedimento preso. Proprio per questo motivo la polizia locale si presentò a scuola per disporre la chiusura. E in quel momento, all’interno dell’istituto, fu accertata la presenza di ottanta alunni e dieci docenti.
La prossima udienza sarà ad aprile 2024. Il processo è ancora nella fase del dibattimento. Altri testimoni devono essere ascoltati in udienza, dove risponderanno alle domande delle parti. E anche l’imputata avrà la possibilità di fornire la propria versione.