Sicurezza sui treni Un obbligo di civiltà

Giorni di polemica dopo all’aggressione col machete al capotreno di Trenord. E il problema sorveglianza non sembra ancora preso in considerazione

Metti una sera su un suburbano da Milano Porta Garibaldi a Busto Arsizio, dopo l’aggressione di Villapizzone. Mi capita spesso, dopo le dirette a Poli.Radio, la radio degli studenti del Politecnico di Milano, di tornare a casa con il suburbano delle 0.02 per Gallarate. Anche venerdì sera, il giorno dopo il “fattaccio”. Sono le 23.55 e mi precipito verso il binario sotterraneo. La prima cosa che mi stupisce è che, la sera dopo l’aggressione di Villapizzone,

nell’area dei tornelli non c’è nessuno a sorvegliare: né un addetto Trenord, né qualcuno della sorveglianza. Sono tornelli facilmente scavalcabili, non si può dire che il pericolo sia nullo. Vien da chiedersi se non sia possibile adottare un tipo di tornello simile a quello che c’è a Milano Cadorna, con due pannelli alti di vetro. «Il treno suburbano S5 23090, di Trenord, delle ore 0.02, per Gallarate, è in partenza dal binario 7»: dopo una cert’ora, anche la voce dell’annuncio viene abbassata notevolmente. Che senso ha?
E via di corsa, cambio binario ovviamente senza avviso…Anche quest’altro binario è poco sicuro. Nessun addetto alla sicurezza, c’è solo il capotreno che aspetta l’arrivo dei viaggiatori. Mi nota, ansimante, perché ho fatto una gran bella corsa dai binari sotterranei a quelli di superficie. La prima cosa che mi chiede è la mia stazione di arrivo: «Busto Arsizio» rispondo prontamente. Detto ciò, mi consiglia caldamente di andare nella carrozza di testa, in modo tale da garantirmi un briciolo di sicurezza in più in questo viaggio.
Curioso come sono, gli chiedo una rapida opinione sul fatto della scorsa settimana del suo collega ferito gravemente da un gruppo di ragazzi: «È il nostro lavoro e dobbiamo assolutamente portarlo avanti, che dobbiamo fare?». Cos’altro aggiungere?
Partiamo con tre minuti di ritardo, e non è facile recuperare per quanto riguarda un suburbano. Ma poco importa, in quel momento pensavo di tornare a casa sano e salvo.
«Si avvisa i signori viaggiatori che causa difetto nel sistema di annuncio delle fermate, le annuncerò io. Prossima fermata: Milano Villapizzone». Un velo di preoccupazione c’è, dato che è stato il luogo in cui si è consumato questo macabro evento.
Fermata dopo fermata e col treno quasi sempre vuoto, la sinusoide che oscilla tra preoccupazione e tranquillità acquista meno frequenza: difatti il capotreno gira spessissimo e per i vagoni, per assicurarsi se è tutto a posto e se gli annunci sono fatti in modo chiaro. Insomma, si preoccupa volentieri dei passeggeri. «Prossima fermata: Busto Arsizio». Finalmente si arriva, un sospiro di sollievo. Scendo dal treno e cerco il capotreno per ringraziarlo, ma non riesco a trovarlo: tuttavia, sbuca a fondo treno, mi riconosce e allunga il braccio per salutarmi. Ricambio il saluto. Non c’è nulla di più appagante.
Ma anche in stazione la situazione non è il massimo: poca gente scende, nei sotterranei non circola praticamente nessuno, non c’è nessuno della sicurezza che circola o transita negli orari in cui i passeggeri scendono dagli ultimi treni della giornata. Come in tutti i lavori, c’è il capotreno bravo e il capotreno meno bravo, nel senso che si atteggia in modo un po’ più acido nei confronti del passeggero. Noi cerchiamo di imparare, prima di tutto, l’educazione: senza di quella non si va da nessuna parte. Non c’è peggior cosa di far imbestialire un controllore nonostante tu sia nel torto più marcio (ma anche nella più sacrosanta ragione), a prescindere dalla nazionalità e dall’entità dell’infrazione. Un fatto come quello di giovedì, invece, è assolutamente inaccettabile, non capisco perché si continui a cercare un capro espiatorio per far smuovere l’opinione pubblica: quando aspettiamo ad avere più sicurezza in viaggio? Dobbiamo aspettare il morto?