Confapi Varese lo scorso 13 dicembre ha organizzato presso la propria sede un seminario per approfondire le modalità di adozione di un “modello organizzativo di gestione (Mog)” aziendale conforme al decreto 231/2001. Il seminario ha evidenziato come l’esistenza in azienda del modello esimente può essere vantaggioso nel caso si verifichi un reato tra quelli citati.
Il modello infatti permette di prevenire reati ambientali o reati contro la salute e la sicurezza del personale, e quindi, se conforme, esime la società da eventuali sanzioni a cui può andare incontro in caso si verifichi un illecito, come specifica l’avvocato. In occasione di un infortunio o malattia professionale, oppure quando si cagiona un danno all’ambiente, la società può essere perseguita per lesioni colpose o per violazione di norme ambientali.
Nessuna azienda è obbligata a dotarsi preventivamente di un Modello Organizzativo ai sensi del D.Lgs. 231/01, tuttavia, essere conformi è uno strumento di tutela per ridurre il rischio di sanzioni per i reati previsti dal decreto. La scelta di non predisporre un’adeguata struttura organizzativa fa scattare automaticamente la responsabilità dell’ente al momento della commissione del reato, con le onerose conseguenze che la legge pone in capo alla società.
La dottoressa illustra i passi operativi che un ente deve seguire per creare un proprio Modello. Preliminarmente occorre che sia operata da parte della Società, in relazione alla propria specifica attività, una sorta di “valutazione del rischio” attraverso cui vengano individuati i settori aziendali nel cui ambito possono essere commessi dei reati.
Successivamente, dopo un’attenta ricognizione del sistema di controllo aziendale, è necessario che siano elaborati protocolli comportamentali finalizzati a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in rapporto ai reati da prevenire.
Inoltre è opportuno che siano individuate modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati. Infine devono essere previsti obblighi di informazione nei confronti dell’organismo di vigilanza e deve altresì essere introdotto un sistema disciplinare deputato a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate dal modello.
L’obiettivo è di garantire un sistema di protocolli (o procedure) che consenta di verificare nel concreto, da parte dell’organismo di vigilanza, l’attuazione degli stessi al fine di delineare un sistema efficiente ed idoneo a preservare la società dall’eventuale responsabilità amministrativa che potrebbe sorgere in caso di commissione dei reati in questione.
Il modello dovrà essere non uno strumento statico ma dinamico capace di adeguarsi alle necessità concrete – specifica l’ingegner – ad esempio in caso di un infortunio che evidenzi in modo chiaro che le procedure adottate non sono state efficaci o che in qualche modo possono essere migliorate occorrerà procedere ad una revisione delle stesse. Ugualmente ogni qual volta viene introdotta un’innovazione tecnologica occorrerà adattare gli standard di sicurezza in azienda.
In tal senso deve essere interpretata la disposizione del comma 4 dove si prevede la revisione del modello in caso “siano scoperte violazioni significative delle norme sulla prevenzione degli infortuni e sull’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico” .
Il sistema così delineato si contraddistingue sempre più perché l’adozione di un modello organizzativo ai sensi del D.lgs. 231/01 diventa non solo una scelta di tipo giuridico, finalizzata ad evitare la condanna, ma prima di tutto una decisione organizzativa, ci tiene a sottolineare l’avvocato .
Perché il sistema descritto sia efficiente è necessario che la società svolga un’attenta valutazione sul tipo di attività svolta e sulla sua natura e dimensione e da tale valutazione scaturisca una chiara scelta organizzativa individuando in modo preciso i diversi profili di responsabilità in tema di sicurezza sul lavoro e le principali fonti di rischio.
Questo processo di c.d. riskassessment consente di avere chiari i rischi ai quali si dovrà far fronte con la stesura di procedure idonee ad evitare violazioni della normativa sulla sicurezza. Tuttavia è bene sgombrare il campo da facili suggestioni. Il modello organizzativo risponde all’esigenza di difendere la Società nell’ambito del processo penale. Chi dovrà giudicare l’efficacia esimente del modello non sarà un ente di certificazione della qualità o un revisore dei conti ma solo il Giudice penale. Egli dovrà muovere la sua indagine con lo specifico fine di verificare se il modello contiene i requisiti indicati nell’art. 30 del D.lgs. 81/08 e, poi, se quanto indicato nei protocolli sia stato efficacemente attuato.
Più il sistema risulterà aderente al dettato dell’art. 30 più sarà agevole la difesa del modello e, di conseguenza, del sistema di gestione della sicurezza in ambito giudiziario qualora la società dovesse essere coinvolta ai sensi del D.lgs 231/01.
L’associazione intende supportare le figure aziendali che hanno delle responsabilità significative negli ambiti Sicurezza e Ambiente, perché possano fare una valutazione attenta della convenienza di questo modello. A tal proposito, visto la complessità della tematica, l’associazione organizzerà un secondo incontro nei prossimi mesi con i medesimi relatori.