Damasco, 29 apr. (TMNews) – Almeno 48 civili sono morti oggi in Siria, durante una nuova giornata di mobilitazione contro il regime del presidente Bashar al Assad. Le autorità, da parte loro, hanno denunciato l’uccisione di sette membri delle forze dell’ordine. Intanto, la popolazione che vive vicino ai confini ha cercato di lasciare il Paese, per fuggire dalle violenze. Violenze più volte condannate dalla comunità internazionale, tanto che da Washington il presidente Barack Obama ha annunciato sanzioni contro vari dirigenti e organi del regime siriano, tra cui Maher al Assad, il fratello minore del presidente Bashar.
A sei settimane dall’inizio del movimento di contestazione, diverse decine di migliaia di persone sono scese in piazza in numerose città, malgrado il divieto. A Daraa – città vicina al confine con la Giordania – cuore delle proteste, 35 persone sono state uccise dalle forze di sicurezza siriane, che hanno aperto il fuoco contro “migliaia di civili” arrivati dai villaggi vicini “per fornire il proprio contributo e prodotti di prima necessità”, secondo quanto riferito da un attivista per i diritti umani che si trova sul posto. Durante il ‘venerdì della collera’ della scorsa settimana, erano state uccise più di 80 persone. Un portavoce militare ha invece affermato che quattro soldati sono stati uccisi e due sequestrati all’alba, durante un attacco condotto da “un gruppo di terroristi armati” contro una postazione militare.
A Homs, nel centro del Paese, 160 chilometri a nord di Damasco, gli agenti siriani hanno ucciso nove persone. Lo ha riferito un militante per i diritti umani, che ha affermato che tre persone “tra cui un bambino, sono state uccise nel settore di Deir Balba”. Secondo fonti del ministero dell’Interno siriano, sempre a Homs sono stati uccisi tre agenti di polizia raggiunti da colpi da arma da fuoco sparati da “gruppi terroristici”. Migliaia di persone sono inoltre scese in piazza in molte altre città del Paese, tra cui Damasco e Baniyas.
Il Consiglio dei diritti dell’uomo dell’Onu ha votato oggi una risoluzione, in cui si chiede l’invio urgente di una missione in Siria per indagare sulle violazioni compiute. I Fratelli musulmani, principale gruppo di opposizione nel Paese, hanno accusato il regime di perpetrare un “genocidio”.
Il numero dei morti, secondo i dati diffusi dal “Comitato
dei Martiri del 15 marzo”, sarebbe superiore a 500, dall’inizio delle proteste; il ministero dell’Informazione ha invece insistito sul fatto che oltre una cinquantina fra agenti e militari sono stati uccisi da “terroristi”.
Intanto, le popolazioni che vivono vicino alle frontiere continuano a cercare di lasciare il Paese. Circa 250 persone sono arrivate a Yayladagi, nella provincia turca di Hatay, dai villaggi siriani al confine. Sventolavano bandiere turche e scandivano slogan come “Vogliamo la democrazia” e “Vogliamo vivere come i turchi”, secondo quanto riportato dall’agenzia Anatolia. Hanno poi domandato di parlare con le autorità locali.
Ieri, intanto, centinaia di siriani sono fuggiti a piedi verso il nord del Libano, dopo lo scoppio di disordini nella città di
frontiera di Tall Kalakh, nell’ovest della Siria.
(con fonte Afp)
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