MILANO – Sarà perché è una fase delicata di transizione verso la vita adulta vera o perché si iniziano a concretizzare dubbi e paure sul futuro, a 19 anni d’età si diventa più fragili e vulnerabili nel mondo dei social media. Proprio come quando si è adolescenti con la differenza che, da 19enni, l’impatto negativo colpisce tanto le donne quanto gli uomini. Oltre all’età, gli effetti ‘collaterali’ dei social dipendono anche dalla presenza di un ambiente familiare disfunzionale,
da problemi legati a una disabilità, dalla salute mentale o dalla sensazione di solitudine e isolamento sociale. Laddove, cioè, mancano i fattori regolatori di un uso smodato, sia esterni che interni, aumenta il rischio di dipendenza, dai social come da alcuni giochi online. A fare luce sulla complessità dell’influenza dei social e del web in generale sulla vita e sulla salute mentale degli utenti è una nuova review condotta da un gruppo di ricercatori internazionali. I risultati, pubblicati sulla rivista World Psychiatry sono stati discussi a Verona in occasione del congresso nazionale della Società Italiana di Psichiatria (SIP) che festeggia i suoi 150 anni.
“Il web è sempre più profondamente radicato nella nostra vita quotidiana, con la presenza pervasiva di informazioni, contenuti e servizi, distribuiti e fruibili in ogni momento della nostra giornata: a casa, a scuola, sul luogo di lavoro e quando siamo in movimento – spiega la presidente SIP, Liliana Dell’Osso -. La connettività alla rete Internet è diventata onnipresente ma, paradossalmente, ‘invisibile’, tanto che studiosi e ricercatori da anni tentano di valutarne i correlati sulla capacità di attenzione, i processi di memoria e la cognizione sociale, senza risultati univoci. In particolare, sui giovanissimi, che, secondo una recentissima survey del 2023 condotta tra 1.453 individui, nel 50% dei casi si descrivono come ‘sempre online’. Peraltro, in un nostro studio condotto all’università di Pisa, sta emergendo anche che l’uso patologico di videogames, che questa generazione spesso gioca online, si associa a una maggior tendenza al ritiro sociale e comportamenti simili-hikikomori”.
“Lo studio di World Psychiatry – sottolinea Emi Bondi, presidente uscente SIP -. prende in considerazione i dati più recenti provenienti dalla ricerca sia quantitativa che qualitativa, per valutare l’influenza di Internet, e dei social media in particolare, sullo stato psicologico individuale, e chiarire i fattori sociodemografici, psicologici e comportamentali che possono mediarne l’impatto. “Al di là dei pericoli connessi al cyberbullismo, ai giochi on-line, all’esposizione a materiale pedopornografico, la letteratura scientifica sull’impatto di Internet e dei social è piuttosto contraddittoria. Alcuni studi ne demonizzano l’uso e il rischio manipolativo, altri invece ne sottolineano il potenziale anti-stigma, il ruolo di facilitatore di connessioni e supporto tra pari”.
Ricerche epidemiologiche su larga scala che hanno cercato di valutare l’impatto della rivoluzione digitale sulla depressione e l’ansia negli adolescenti, hanno mostrato risultati poco consistenti. Al contrario, una survey recente, del 2020, ha dimostrato che un uso moderato dei dispositivi digitali (da 1 a 2 ore al giorno) è associata nei bambini a un miglior funzionamento psicosociale, rispetto a un uso blando (meno di un’ora al giorno) o intenso (circa 5 ore). Di diverso impatto sulla salute mentale è invece l’uso dei social media, che tende a coinvolgere la quotidianità di un individuo, e rispetto ai quali l’astensione, parziale o totale, produce notevoli cambiamenti nel benessere. Una review del 2023 di 23 trial clinici randomizzati e controllati ha evidenziato un effetto benefico della cessazione dell’utilizzo dei social sulla depressione. Altri trial hanno replicato la stessa efficacia sull’ansia, con benefici, in maniera particolare, se l’astensione si prolunga per qualche settimana. Inaspettatamente, invece, alcuni studi hanno osservato un impatto negativo, dal punto di vista psicologico, derivante dal ritiro dalle piattaforme social, con sensazioni di solitudine e insoddisfazione.”Sono molti i fattori che mediano, con ogni probabilità, tale impatto – evidenzia Guido Di Sciascio, segretario nazionale SIP -. Uno studio preso in considerazione nella nuova review, pubblicato su Nature Communications, mostra che le ragazze risentono maggiormente dell’uso eccessivo dei social nella prima adolescenza, tra gli 11 e i 13 anni, mentre i ragazzi tra i 14 e i 15 anni. Entrambi i gruppi mostrano una sensibilità particolare al termine dell’adolescenza, verso appunto i 19 anni”.
Alcune piattaforme, più di altre, sono additate come potenzialmente promotrici di un uso compulsivo delle stesse, attraverso messaggi promozionali ad hoc, continue notifiche, facilitazioni quali l’auto-scrolling che inducono a vere e proprie “abbuffate” da social, riducendo il tempo per il lavoro, le relazioni, lo studio. “La review, dunque, evidenzia che l’impatto di Internet e dei social media sulla psiche degli utenti è meno semplicistica e più complessa di quanto si immagini – conclude Paola Calò, psichiatra e referente area social media nell’esecutivo SIP -. L’utilizzo di Internet e dei social media non è un’esperienza univoca, infatti, ma varia in base alle caratteristiche sociodemografiche, psicologiche e comportamentali individuali e in base anche ai contesti e alle situazioni. Nel complesso, i risultati di questa review suggeriscono una comprensione più sfumata e individualizzata dell’influenza di Internet sul funzionamento psicologico, cognitivo e sociale. Per questo motivo siamo convinti della necessità che la ricerca, la realizzazione di linee guida e le iniziative future debbano privilegiare un approccio interdisciplinare e multidimensionale per affrontare il problema dei vantaggi e degli svantaggi delle nostre interazioni con il mondo online”.