VARESE Lo spread è diventato una delle nostre prime preoccupazioni, la Germania fa la voce grossa e l’euro sembra vacillare. E se l’Italia facesse la fine della Grecia dove i conti correnti sono semi-bloccati e la possibilità di prelevare ridotta al contagocce? Come salvare il proprio patrimonio da questa situazione? Per molti, anche non lavoratori frontalieri, la soluzione è aprire un conto in Svizzera. Che, con i tempi che corrono, è considerata una sorta di assicurazione sulla vita.
Dal 2008, con la crisi, chi ha qualche soldo da investire guarda con ancora più apprensione l’andamento dei mercati, e non solo nei Comuni di confine si prova a portare all’estero i propri risparmi, tanto che le stime parlano di 274 miliardi di euro volati dalle banche italiane verso quelle estere negli ultimi due anni. «Il fenomeno è sicuramente in aumento negli ultimi mesi – dice Antonio Morelli, comandante provinciale della Guardia di Finanza – i soldi prendono la via per l’estero sia fisicamente che attraverso le società con sede nei paradisi fiscali. Ma non sempre esportare i capitali è illegale».
La legge permette di aprire un conto in una banca elvetica, ad esempio, e anche di portare fisicamente i soldi da versare, spiega il comandante, «a patto di dichiarare la valuta al momento del passaggio in dogana. La cifra massima consentita è di diecimila euro a passaggio».
Chi porta i soldi in Svizzera in maniera legale non ha un’identità precisa: «Soprattutto nell’ultimo anno – spiega Morelli – chi porta i contanti oltre confine lo fa principalmente per cautelarsi: la tassazione sta aumentando, e lo spettro di una patrimoniale spaventa gli italiani che potrebbero esserne soggetti, e la decisione di spostare parte delle proprie sostanze in Svizzera è a portata di mano». Per non parlare dell’euro, sul cui futuro cresce l’incertezza.
A passare il confine con le borse piene di soldi sono professionisti o imprenditori, ma capita anche che si tratti di capitali illeciti. E non è escluso che, nell’ultimo periodo, sia in ascesa il fenomeno degli spalloni, ovvero di chi, conoscendo il territorio, riesce a passare il confine attraverso sentieri nascosti, per portare al riparo in Svizzera i soldi degli altri. Ma gli spalloni non sono un metodo legale, né sicuro. Come detto, in tanti portano i soldi “al sicuro” rispettando la legge e senza “fregare” il fisco. Il fenomeno rimane un po’ sottotraccia ma è consistente tanto è vero che è nato un sito web ad hoc. Si chiama contoinsvizzera. com, e nasce dall’idea di due amici, Richard (svizzero) e Marco (italiano e frontaliere), che hanno aperto il sito per pubblicizzare il loro libro, un vademecum che promette al lettore di rivelare «come aprire in modo sicuro, veloce e regolare il conto in Svizzera» in una settimana.
Aprire un conto in una banca svizzera è del resto legale anche per un cittadino italiano. L’importante è che i soldi siano dichiarati e di provenienza legale, e che il deposito venga denunciato al fisco italiano. Nelle grandi banche il prelievo mensile per le spese è considerevole per i piccoli risparmiatori. Nelle banche regionali, come Raiffeisen e Banca Stato le condizioni sono migliori. Qui le spese mensili ammontano al massimo a qualche franco.
Per aprire il conto bisogna presentarsi di persona allo sportello con un documento e accettare di sottoporsi alla procedura di rito per verificare la provenienza legale del capitale.
Dopo un paio di giorni si ricevono i dati del conto, compreso il codice Iban, che si potrà comunicare alla banca italiana per trasferire il denaro. Non è quindi necessario portare i soldi fisicamente con sé.
Certo, non bisogna farsi illusioni. Non si tratta di un investimento remunerativo. In Svizzera gli interessi sul risparmio sono minimi. L’imposta del 35% riduce il rendimento ai minimi termini. Il cambio è fisso, e quindi non si profilano opportunità di guadagno. Per il piccolo risparmiatore il gioco forse non vale la candela, a meno che non si prenda la cosa come una vera e propria ancora di salvataggio.
s.bartolini
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