Perdita di anzianità di un anno e mezzo, conferma del trasferimento a Como con funzioni di giudice. Questa la richiesta di sanzione formulata dalla Procura generale della Cassazione davanti alla sezione disciplinare del Csm per il magistrato , ex pm di Varese, titolare per 26 anni dell’inchiesta sull’omicidio di Lidia Macchi, la giovane assassinata a Cittiglio nel 1987.
Abate ha rigettato ogni accusa dichiarandosi vittima “di un accanimento”. Tra le contestazioni rivolte al magistrato, quelle di omissioni e ritardi nelle indagini sulla morte della Macchi, per il cui omicidio, dopo l’avocazione dell’inchiesta da parte della Procura generale di Milano, è stato arrestato (nel gennaio 2016) un ex compagno di liceo della ragazza, Stefano Binda, ora sotto processo davanti alla Corte d’assise di Varese.
Secondo il pg della Suprema Corte, titolare dell’azione disciplinare, Abate ha omesso «qualsivoglia iscrizione nel registro degli indagati, nonostante alcuni soggetti siano stati destinatari di comunicazione giudiziaria e sottoposti a prelievo di dna», nonchè «qualsivoglia vigilanza dei reperti», concorrendo così «all’indebita distruzione di parte di essi», ritenuti di «fondamentale importanza per l’identificazione dei profili genetici dell’autore del reato».
Il sostituto pg di Cassazione, Gabriele Mazzotta, nell’udienza di ieri, ha evidenziato «l’inerzia investigativa e la pigrizia nella collaborazione con gli organi investigativi» da parte di Abate, mentre il magistrato, che si è difeso da solo davanti al “tribunale delle toghe”, ha respinto tutte le “accuse”, non solo quella relativa alle indagini sul delitto Macchi, ma anche su altri illeciti disciplinari (comportamenti scorretti nei confronti di colleghi o del capo del suo ufficio, negligenze e ritardi nelle inchieste).
Già lo scorso anno, Abate era stato sanzionato dalla disciplinare di Palazzo dei Marescialli con la perdita di anzianità di 2 mesi e il trasferimento a Como con funzioni di giudice, in relazione alla gestione dell’inchiesta sulla morte di Giuseppe Uva, deceduto in ospedale a Varese nel 2008 dopo aver passato la notte in una caserma dei carabinieri. Su questo procedimento – ha ricordato Abate davanti al “tribunale delle toghe” – pende il ricorso in Cassazione, ma finchè ci sarà questa situazione non chiederò di tornare alla Procura di Varese. Sono incolpevole, c’è un accanimento nei miei confronti, non ho mai detto bugie».
La disciplinare del Csm ha aggiornato l’udienza al 18 maggio prossimo, data in cui dovrebbe pronunciare la sua sentenza. Intanto il magistrato, che si è difeso da solo, ha respinto tutte le accuse, dichiarandosi “incolpevole” di qualunque inerzia e dichiarandosi vittima di un “accanimento”.