Padroni che vanno e vengono, scommesse illecite, partite vendute. Punti di penalizzazione, società e pezzi di storia che scompaiono. Il calcio in città, in provincia e in Italia, al momento, è questo: un desolante quadretto di vergogna. E ad osservare tutto questo triste spettacolo, oltre alla gente, che tutto meriterebbe tranne questo, ci sono anche loro: gli stadi.. Spesso monumenti inermi e decadenti di fasti che furono, ora ridotti a templi di cemento che vanno mantenuti.
Ma nessuno ha più tempo, voglia e soprattutto soldi per farlo.
che di quei luoghi sa cosa farsene. Eccome. Sa come farli (ri)vivere, animandoli dell’unica cosa di genuino e ingovernabile che ci è rimasto a questo mondo: . Si chiama . Si chiamano grandi . Invece, quando c’è la possibilità di fare qualcosa di buono e magari di guadagnarci anche (e onestamente), la prima cosa che interviene sono i bastoni tra le ruote.
Allarghiamo lo sguardo, prendiamo due esempi di città molto più grandi e molto più complesse di Varese ma che ben simboleggiano il paradosso di cui sopra. E prendiamo l’esempio con la E maiuscola di chi gli stadi sa rivoltarli come un calzino: . Un artista capace di fare un tutto esaurito a nel giro di pochi minuti (roba che un derby Inter-Milan se lo sogna da…un lustro?).
Ebbene, suonare a San Siro per Vasco (ma anche per , per citarne un altro a caso) è da almeno dieci anni un incubo. Perché , secondo i facoltosi residenti dell’omonimo quartiere, fatto di palazzi che ospitano appartamenti da capogiro. E poi ci sono traffico, parcheggi selvaggi e disturbo in generale. Vien da chiedersi: ma quando l’agente immobiliare ha mostrato a questi signori la loro futura abitazione (tutt’altro che a buon mercato), su quell’enorme struttura di ferro e cemento intitolata a tale Meazza? Non è sorto loro il dubbio che uno stadio è un luogo che nasce per ospitare eventi e, dunque, scegliendo di abitarvi nei pressi comportava portarsi a casa (è il caso di dirlo) il pacchetto completo?
Andiamo oltre.. Eliminiamo partite, concerti, salamelle, serpentoni di auto e, però, anche l’annesso dispiegamento di forze dell’ordine a regolamentare il civile svolgimento di tutto ciò… cosa pensate rimarrebbe di quel bel quartiere salotto? , con un catafalco inutilizzato nel bel mezzo. Venghino, degrado e incuria, venghino.
Nordica mania del rispetto delle regole, dite? Spostiamoci ben più a Sud, a , in quello stadioriaperto quest’estate ai grandi eventi dopo 11 anni di sole partite (con in mezzo un fallimento societario, ça va sans dire). Lo stesso grande artista di cui sopra, quello capace di radunare decine di migliaia di persone in un battito di ciglia, “riapre” l’impianto. E lo riempie di giovani, in una città dove un giorno sì e l’altro pure ci raccontano quanto sia difficile per i ragazzi trovare svaghi “sani”.
Bene, la società Ssc Napoli a 48 ore dal concerto? Che a quei 60mila ragazzi che hanno profumatamente pagato il loro biglietto lo spettacolo non è garantito perché «bisogna verificare che la copertura prevista per il prato non danneggi l’erba». Come se negli ultimi undici anni nessun altro ci avesse mai pensato. L’organizzazione spiega, e risolve.
. Sempre la società Ssc Napoli si “dimentica” di avvisare l’azienda che gestisce gli ingressi allo stadio di sbloccare i tornelli per consentire l’accesso delle persone alla struttura. Morale della favola: deve scendere letteralmente in campo il sindaco per tuonare a nome della città che il concerto si può fare, anzi si deve fare. Che sarebbe il caso di . Se neghiamo alla gente il piacere di divertirsi, di svagarsi, di acculturarsi (perché la musica, da che mondo è mondo, è cultura) in maniera del tutto legale e civile, quale futuro possiamo aspettarci? E così . Al calcio. Le società non fanno altro che piangere miseria per gli spalti vuoti, ma nulla fanno per guadagnarsi innanzitutto una minima credibilità che spinga la gente a tornare a frequentare l’ambiente.
Ma sì. Lasciamo che questi blocchi di cemento muoiano abbandonati al loro destino piuttosto che tenerli sempre aperti a chiunque li voglia custodire. Sapete che c’è? , spazziamo via il calcio e regaliamo gli stadi alla musica, alla gente. Diamo il Franco Ossola in gestione alle centinaia di persone che ieri mattina hanno marciato sotto il sole a picco per rivendicare la propria dignità e il proprio diritto di credere ancora in qualcosa. e spegniamo i riflettori da tappeto rosso. Diamo le chiavi ai tifosi e chiudiamo i cancelli agli autoproclamatisi padreterni. Che magari, da che mondo è mondo, il senso civico nasce laddove c’è qualcosa che valga la pena preservare. Meno banderuole e più bombonere. E allora sì che lo sentiremo, che bel rumore.