Domani sarà chiaro se vi sarà o meno un processo per l’omicidio di Lidia Macchi. Stefano Binda, 49 anni, di Brebbia, comparirà alle 9.30 davanti al gup di Varese Anna Azzena in sede di udienza preliminare.
Binda fu arrestato lo scorso 15 gennaio con l’accusa di aver assassinato il 5 gennaio 1987 la studentessa varesina morta a soli 20 anni. Il sostituto procuratore generale Carmen Manfredda ha chiesto il rinvio a giudizio. Binda, difeso da Sergio Martelli, affiancato da poche settimane dalla collega Patrizia Esposito, si é sempre dichiarato innocente.
Lo scorso 15 gennaio, dopo quasi 30 anni dall’omicidio, fu arrestato, in seguito alle indagini coordinate dal sostituto procuratore generale di Milano Carmen Manfredda Stefano Binda, 49 anni, di Brebbia, ex compagno di liceo di Lidia: per la procura generale di Milano fu lui a uccidere con 29 coltellate.
I difensori di Binda, qualora il caso non venisse archiviato, potrebbero decidere di non chiedere riti alternativi.
Delle cinque aggravanti contestate dalla Procura Generale, ne spiccano due: quella di aver agito «per motivi abietti e futili», consistenti «nell’intento distruttivo della donna considerata causa di un rapporto sessuale vissuto come tradimento del proprio ossessivo e delirante credo religioso, tradimento da giustificarsi con la morte», e quella di aver agito «con crudeltà». Quest’ultima aggravante, così come descritta dal sostituto pg Manfredda, richiama esplicitamente alcuni passaggi della lettera anonima indirizzata alla famiglia Macchi e attribuita al quarantanovenne di Brebbia da una consulenza tecnica.
L’aggravante della crudeltà si sarebbe manifestata attraverso «modalità efferate».