VARESE – Stefano Garzelli è uno dei personaggi che ha fatto la storia del ciclismo italiano. Salite e discese, proprio come un vero amante delle due ruote, il ciclista di Varese ha vissuto tre vite in una sola; dalla vittoria del Giro d’Italia nel 2000 alla controversa squalifica per doping fino al ritorno in grande stile, a dimostrazione di una forza fuori dal comune. Al traguardo dei 50 anni (il 16 luglio il compleanno) Garzelli è oggi un commentatore sportivo per la Rai e un direttore sportivo,
ma prima ha incarnato quello spirito dei ciclisti di un tempo, incapaci di risparmiarsi e soprattutto in grado di esaltare le masse come pochi altri. L’amore per la bicicletta scoppia da piccolo, tanto che a 10 anni è già in sella nella Polisportiva Besanese; è l’inizio di una carriera che, di lì a qualche anno, lo porterà nella Mercatone Uno, squadra di Marco Pantani, con cui fece coppia dimostrando subito la propria predisposizione per le grandi gare a tappe, come il Giro d’Italia. Proprio la corsa rosa fu il suo trampolino di lancio; nel 2000, infatti, arrivò la vittoria nonostante un ruolo non di primo piano.
L’anno dopo passò alla Mapei Quick-Step con i gradi del leader, ma una caduta lo frenò proprio nel Giro d’Italia che si era prefissato di conquistare riconfermandosi campione. Un rapporto particolare quello di Garzelli con la “corsa rosa”, teatro del suo più grande successo in carriera, ma anche della caduta più rovinosa: venerdì 17 maggio 2002, infatti, arrivò la notizia della positività a un diuretico, il Probenecid, risultata nel test antidoping seguito alla vittoria di Liegi. Nonostante sostenesse di non aver mai assunto tale sostanza imputando la positività a una contaminazione alimentare, le controanalisi confermarono la presenza di 20 nanogrammi del diuretico nel suo sangue e fu costretto così ad abbandonare il Giro. Il processo che ne seguì, nonostante l’involontarietà dimostrata dell’assunzione, portò alla sua squalifica per 11 mesi per responsabilità oggettiva.
Di fronte alle salite, però, Garzelli ha sempre abbassato la testa pedalando più forte e così fece anche in quell’occasione presentandosi ai nastri di partenza tirato a lucido nel 2003; chiuse secondo a causa di una caduta nella discesa del Sampeyre, che gli fece perdere 6 minuti, ma quella corsa è forse il suo – non – successo più famoso. L’ultima grande impresa è quella, sempre al Giro d’Italia, del 2009 quando, a 36 anni, riesce a portare a casa la maglia verde, riservata al miglior scalatore, prima del ritiro, nel 2013, dopo aver corso il 14° Giro d’Italia.
(fonte: Italpress)