Stipendi in euro e ore non pagate La crisi fa tremare i frontalieri

LUINO Crescono giorno dopo giorno le industrie, ormai praticamente la gran parte, che richiedono misure straordinarie per combattere la crisi in Canton Ticino. L’ultima in ordine di tempo è la Mikron di Agno. Azienda che occupa diversi frontalieri del Luinese. Il primo passo è l’ipotesi di introdurre due ore e mezzo di lavoro in più a settimana, non retribuite. La trattativa è appena allo stadio iniziale ma i sindacati hanno già risposto negativamente, in attesa di coinvolgere anche i dipendenti.

Non vanno meglio le cose all’Agie di Losone. In azienda, inizialmente si parlava di cinque ore settimanali in più di lavoro gratuito. Le trattative però hanno raggiunto compromesso che prevede tre ore di lavoro gratuite settimanali in più non retribuite. I dipendenti passeranno quindi dalle attuali 40 a 43 ore settimanali di lavoro. E chi non potrà sopportare questo carico farà 40 ore, ma con salario ridotto del 7,5%. Il provvedimento resterà in vigore per due anni a meno di un pareggio dollaro-frano o un euro a 1,30 franchi. Perché è proprio il valore stellare del franco a mettere a rischio esportazioni e quindi produzioni. Con i frontalieri che vedono un orizzonte lavorativo quanto mai scuro.

Anche perché sempre più spesso si prova ad intraprendere anche la strada del pagamento in euro ad un cambio fisso, più favorevole alle aziende. È il caso della Trasfor di Molinazzo di Monteggio, località ticinese affacciata sul Tresa tra Lavena Ponte Tresa e Luino. Dove è in atto una vertenza che riguarda da vicino il Varesotto: perché dei 275 dipendenti almeno 240 sono frontalieri. La ditta, infatti, proprio per far fronte al calo degli utili ha proposto di legare lo stipendio al corso del cambio euro-franco o in alternativa di introdurre due ore e mezza lavorative settimanali in più non retribuite.

Strumenti legati «alla necessità di rimanere competitiva e sopravvivere in un mercato divenuto per essa molto duro in particolare a causa del franco forte», respinti però dai sindacati. Per questo, nei giorni scorsi, il sindacato Unia ha avanzato una proposta: per vietare alle imprese svizzere di versare ai dipendenti frontalieri lo stipendio in euro.

Per farlo i delegati del settore dell’industria meccanica, elettrotecnica e metallurgica in seno al sindacato hanno consegnato al Consiglio federale una petizione con 1800 firme. «Insistiamo sul principio salari svizzeri per lavori in Svizzera – ha sottolineato il copresidente di Unia Renzo Ambrosetti -. Perché stipendi in euro e riduzione dei salari dei frontalieri violano il divieto di discriminazione».

b.melazzini

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