VARESE Giro di vite per i coiffeur etnici. Lo stop al dilagare di parrucchieri low cost arriva dal Pirellone, che ha dato il via libera al nuovo regolamento per uniformare la professione in tutta la Lombardia. Dal prossimo autunno, quindi, stop a taglio e piega a prezzi stracciati messi in pratica dai saloni cinesi e che mettono in ginocchio i nostri parrucchieri. Prezzi fin troppo concorrenziali, «quasi impossibili da praticarsi – spiega il titolare del salone nel cortile di Piazza Repubblica,
Maurizio Carminati – Era ora che si intervenisse prima che l’intera categoria venisse sterminata». Un regolamento che i parrucchieri varesini attendevano da tempo e che hanno quindi accolto con favore. «Mi sono sempre chiesto come potessero permettersi di tenere i prezzi così bassi e riuscire a pagare tutte le spese. Io ho abbassato i miei listini ai minimi termini – continua – e sto dentro giusto nelle spese di gestione e di personale, possibile che loro con attività nel centro, e quindi più costose da mantenere, riescano anche a guadagnare?»
La risposta sta tutta nelle motivazioni che hanno spinto la Regione a imporre un regolamento più severo: lavoro nero e abusivismo. Non sempre il personale dei parrucchieri etnici è in regola, viene sottopagato e lavora a dei ritmi che i nostri negozi non riuscirebbero a sostenere. Questa in sostanza la novità, perché gli altri requisiti tutto sommato sono rispettati in tutti e quattro i negozi cinesi cittadini. Come l’obbligo di avere in negozio almeno un responsabile tecnico con diploma di specializzazione. Al negozio nel cortile interno di via Como, per esempio, la titolare lo possiede ed è lei fa da «interprete» tra i clienti e il personale che no parla italiano. «Veniamo qui da tempo e ci troviamo bene – spiegano i clienti in sala d’attesa – Si spende poco e non è mai capitato che sbagliassero un taglio o una tinta. Spieghiamo alla titolare cosa vogliamo, e lei lo traduce ai ragazzi che poi tagliano i capelli o fanno il colore secondo le indicazioni». Anche gli altri requisiti richiesti dal Pirellone ci sono tutti: i listini prezzi stracciati sono regolarmente esposti in vetrina e i negozi, almeno a prima vista, sembrano puliti e ben tenuti.
Quello che invece manca e che inciderà parecchio su questo tipo di attività è una regolamentazione degli orari. Aperti sei giorni su sette ad orario continuato dalle 9 fino alle 22, i parrucchieri cinesi garantiscono un servizio praticamente costante e imbattibile. Secondo il nuovo regolamento che sarà operativo solo dopo l’approvazione della commissione regionale, spetterà ai comuni decidere di volta in volta quali orari far rispettare e in che modalità concedere le licenze. «Ecco questo è un altro punto da rivedere – conclude il parrucchiere – Non si dovrebbe più autorizzare l’apertura dei negozi in ogni dove. Canalizzare i clienti in viali dello shopping sarebbe più funzionale. In città le attività sono a macchia di leopardo».
Valentina Fumagalli
s.bartolini
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