Arriva maggio E c’è la stangata

Dopo imposta di bollo, commissioni bancarie e mini patrimoniale, dal primo maggio si abbatte una nuova stangata sui risparmiatori italiani: l’aliquota della tassa sulle rendite finanziarie sale dal 20% al 26% su azioni e obbligazioni, ad eccezione dei Bot. Investimenti che sono frutto dei risparmi da redditi da lavoro e da imprese.

Immaginiamo un italiano che abbia risparmiato diecimila euro e li abbia investiti in obbligazioni che danno un rendimento del 4% e quindi fruttano 400 euro annui di rendita. A un tasso di inflazione indicativo dell’1,5%, 150 euro serviranno per ricostituire il capitale eroso dall’aumento dei prezzi. Eppure lo Stato, ignorando l’inflazione, chiede al nostro risparmiatore il 26% dei 400 euro, cioè 104 euro, a cui si aggiungono 20 euro a titolo di imposta di bolla, in totale 124 euro, che rapportati al rendimento netto di 250 euro, comportano un aliquota del 50%!

Oltre al rendimento lordo e al rischio è importante quindi non sottovalutare il regime di tassazione. È infatti vero che la media europa è al 25%, ad esempio in Francia è il 24%, in Germania il 26,3%, ma in Italia il disordine normativo fa sì che i titoli di Stato, nelle maggior parte detenuti dal settore bancario, abbiano una tassazione agevolata al 12,5%. Da una parte è vero che si sostiene il debito italiano, dall’altra parte però si assorbono risorse altrimenti destinabili ad investimenti nel settore privato che possono generare reddito ed alimentare il circolo virtuoso della crescita e dell’aumento del gettito fiscale.

In questa ottica, è senz’altro premiante la ricerca di soluzioni alternative apparentemente più sofisticate e onerose in termini di costi di gestione, ma che ottimizzano tutti i parametri che portano a massimizzare quotidianamente il rendimento netto. L’industria globale del risparmio si evolve costantemente per elaborare soluzioni efficienti che vanno oltre l’orizzonte italiano perché non dobbiamo dimenticare che il nostro Paese rappresenta solo l’1,8% del Pil mondiale.

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