Arriva il gelo invernale. È tempo di cassoeula

È il piatto più rappresentativo del tempo dei Morti. Il suo nome deriva dal mediolatino “cattia”

Il piatto più rappresentativo del tempo dei morti è la prima, avvolgente cassoeula di stagione. Si dice infatti che cassouela, o meglio cazzeura secondo le note nostrane, faccia rima con le verze che hanno preso la prima gelata: e in effetti ci siamo. La nonna la accompagnava con l’immancabile polenta e un bicchiere di Dolcetto di Alba, preparandola rigorosamente il giorno prima perché, riposando una notte intera, rimanesse bella “tachenta” e assolutamente non “sbrodolenta”: l’incubo della massaia bosina.

Una dozzina di costine robuste; una ventina di verzitt o salamini nostrani; mezzo piedino, una cotica; a trovarli, il musetto e un orecchio; una grossa verza; aglio, cipolla, sedano, carota; olio; due bicchieri di vino bianco; chiodi di garofano, alloro, sale q b. In un soffritto di cipolla, aglio, carota e sedano rosolare salamini e costine: la pentola dovrà essere molto capiente e preferibilmente a doppio fondo. Fiammeggiare bene le parti povere, sciacquarle accuratamente e tuffarle nel soffritto,

facendole seguire dalle costine e dalle cotiche. Quando il tutto è insaporito per bene, sfumarlo con il vino bianco e lasciar evaporare. Salare il giusto e aggiungere metà della verza ben ’nettàda’ e affettata grossolanamente: mescolare di tanto in tanto, quindi coprire d’acqua e salare ancora un poco. Incoperchiare e lasciar consumare un poco le verze di volume, così da poter aggiungere anche la parte rimanente, assieme ai chiodi di garofano. Far cuocere a fiamma media per almeno tre ore.

E siccome ogni castellanza le regala il suo tocco, la signora Marinella Rovera di Capolago suggerisce l’uso di un poco di passata di pomodoro per colorare, ma anche del vino rosso che dà più corpo; in ultimo aggiunge la verza sbollentata alla carne solo a tre quarti di cottura.

Alcuni pensano che sia un piatto di origine spagnola, imparentato alla minestra maritata napoletana, umido di carni ed ortaggi fra cui la verza. In realtà l’ascendenza diretta è longobarda: c’è parecchia somiglianza con la ‘mpanata dei territori beneventani, la cosiddetta Langobardia Minor fino alla conquista normanna.

Di sicuro cavolo e maiale furono la base dell’alimentazione nostrana altomedievale. Il nome, invece, deriverebbe dal termine mediolatino cattia, ossia tazza, successivamente mestolo: da qui anche il cassoulet provenzale, la cazzoligghia siciliana, le cassole spagnole: un unico etimo per tanti contenuti variamente imparentati nei secoli.