La rabbia di chi non ha proprio capito non cancellerà il nostro grido: “Viva la Tre Valli”

L’editoriale del direttore Francesco Caielli

Sulla Tre Valli abbiamo scritto tanto, in questi anni: e abbiamo scritto sempre cose belle. Abbiamo scritto che questa corsa è la nostra storia, profuma di quei giorni in cui bambini venivamo accompagnati per mano dai nostri nonni a bordo strada perché “Andèm a vidè i curiduur ca pasan”. Abbiamo scritto che è una sorta di macchina del tempo, capace di riportarci indietro grazie allo sport che più di tutti sa raccontare storie. Abbiamo scritto che la Tre Valli è

Varese e non si tocca: le polemiche, i disagi, le strade chiuse fanno parte di questo meraviglioso gioco e sono tutte figlie della nostra atavica incapacità di goderci le cose belle, troppo presi a trovare sempre e comunque un motivo per incazzarsi. No, non ci ripeteremo. Non tireremo fuori la storia (vera, verissima) che nei paesi del Nord Europa le corse ciclistiche sono vissute come delle feste nazionali che coinvolgono tutti rendono felici: dai bambini dell’asilo ai nonni. Non torneremo a pizzicare le corde dell’orgoglio, ricordando che questa è l’unica occasione rimasta di metterci in mostra, di farci vedere per quanto siamo belli, di ascoltare gli altri che parlano di noi.
Non ripeteremo che per noi, il giorno della Tre Valli, è come il giorno di Natale per un bambino (e anche noi abbiamo figli che vanno a scuola e all’asilo, prendiamo la macchina per venire al lavoro). Perché non c’è nulla di più difficile che provare a far cambiare idea a chi ha deciso di avere ragione.

Questa volta allora preferiamo scrivere qualcosa che non abbiamo mai scritto, colpevolmente. Ed è un grazie. Grazie a chi sta dietro a quella che per noi resterà sempre una festa meravigliosa, una tradizione che si perpetua e un concentrato di identità varesina. Grazie a chi da qualche settimana non sta dormendo la notte arrovellandosi su cosa possa fare perché vada tutto bene, perché non accada nulla, perché l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Grazie a chi ci sarà: a bordo strada, sul traguardo, davanti alla televisione, con il pensiero o con il cuore. Grazie a chi saprà mettere da parte la rabbia per una strada chiusa, un bimbo da recuperare a scuola prima del solito, una macchina lasciata in garage. Grazie a chi riuscirà a non suonare il clacson, a spegnere il motore per qualche minuto mentre passerà il gruppo, a raccontare al bambino seduto dietro chi sono quelli in bicicletta. Grazie a Renzo Oldani, perché se c’è una persona che sta dietro a questa giornata è lui: e ogni tanto bisogna fare nomi e cognomi. Grazie alla polizia stradale ma soprattutto grazie alla polizia locale: perché dopo l’incidente di un anno fa esserci non era scontato. Grazie al sindaco Davide Galimberti perché rappresenterà la sua città ed è riuscito a impreziosire questa giornata speciale con la presenza di un ministro, e si può essere critici finché si vuole ma un ministro che viene a Varese per lo sport è una gran bella notizia. Grazie ai ciclisti: a chi si staccherà per primo, a chi tirerà per provare a far vincere il suo capitano, a chi farà avanti e indietro per portare le borracce, a chi vincerà (il nostro uomo: Moscon). E soprattutto, grazie a chi ci ha instillato dentro questa passione: questo amore per il ciclismo che noi varesini ci portiamo da sempre e che trova sfogo in questa corsa. E la rabbia di chi non ci capisce, non riuscirà a coprire il nostro urlo. Evviva il ciclismo. Evviva la Tre Valli.