Valenza, genio degli snodabili Da Varese in tutto il mondo

VARESE I primi pupazzi furono inventati in Svizzera, dove si trovava internato durante la seconda guerra mondiale. «Era un uomo sempre attivo, che non sapeva stare con le mani in mano – spiega la moglie, Gabriella Valenza – Durante quel periodo di inattività forzata mise in moto la sua fantasia e iniziò a creare i primi “animali snodabili”. Tornato a casa, più o meno nel ’48, provò a portarli a Milano. Sotto la galleria del Duomo,

tra un venditore di souvenir e uno di tartufi, incontrò un ambulante che voleva tentare di venderli. Dopo poco lo stesso ambulante gliene ordinò 500». Così, con tanto ingegno e un po’ di fortuna, iniziò dunque la storia del giocattolo snodabile. Per far partire la produzione, nel ’50, fu messa in piedi un’azienda a Valle Olona. I macchinari furono disegnati da Arturo Valenza in persona. Poi, nel ’61, l’azienda fu trasferita a Induno Olona. Fu una rapida escalation: in breve tempo gli snodabili vennero esportati in tutto il mondo. Il maggior importatore fu la Germania, che arrivò anche a chiedere 2 milioni di pezzi all’anno. L’Australia voleva quelli a forma di pecora e di mucca. La Swiss Air i cagnolini e i micetti da dare ai passeggeri bambini per giocare durante i viaggi aerei. La Disney comprò Pluto, Pippo e altri personaggi di Topolino. Ma forse la popolarità maggiore fu del Pinocchio, che è conservato al museo di arte contemporanea di Los Angeles.

«Con il tempo, però, i costi del personale (che arrivò a 100 operai nel periodo del boom) salirono fino a diventare insostenibili – continua la signora Valenza – I giocattoli venivano montati e dipinti interamente a mano. Molti dipendenti lavoravano a casa, cosa che la legge italiana rese poi impossibile. Nel 1992, complice la crisi petrolifera, arrivammo a fermare la produzione industriale e aprimmo un laboratorio artigianale a Bedero. Ma ormai si era chiusa un’era».

Arturo Valenza ha lasciato due figli. Il più grande, Andrea, 37 anni, ha dato seguito alla sua passione per i giocattoli e adesso realizza (tra le altre cose) soldatini di metalli basso fondenti. Il più piccolo, Alessandro, 34 anni, si dedica a tutt’altro. Ma ama ricordare i giorni in cui il padre disegnava i modelli e “testava” in casa le sue invenzioni. Se arrivò a creare una trottola speciale, che si ribaltava mentre girava, fu proprio per averla sperimentata innumerevoli volte sul pavimento di casa. «L’idea di quella trottola fu di un nostro cliente, Carlo Basso, proprietario della Città del Sole, che andava spesso negli Usa. Lì vide quella trottola speciale – racconta Alessandro – Voleva produrla e si rivolse a mio padre che dopo schizzi e bozzetti e prove riuscì a realizzarla». Si, perché Arturo Valenza era davvero un uomo di ingegno che riusciva in qualsiasi impresa. Qualcuno provò naturalmente a copiarlo, tentando di imitare gli snodabili. Ma nessuno riuscì a creare la stessa vernice che usava lui, la cui ricetta cambiava continuamente in base alle condizioni atmosferiche o alla sua fantasia. Persino i cinesi, abili “copiatori”, tentarono di riprodurre i suoi giocattoli senza mai riuscirci. Gli snodabili originali, infatti, compiono molti movimenti, tutti studiati a seconda dell’animale che rappresentano. Sono un capolavoro di ingegneria.

Adriana Morlacchi

e.marletta

© riproduzione riservata