L’ex sindaco Albertini a Varese:"Io, Bossi e l’Albertina"

VARESE (lr) Al caffè Zamberletti l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini confessa di essere legato a Varese da tre persone diverse, a cominciare da Piero Chiara, cui si è ispirato per il titolo del suo primo libro «Nella stanza del sindaco» (ieri è stato invitato nel salotto di Mauro Dalla Porta Raffo per presentare il secondo, «Sindaco senza frontiere»). E poi c’è una vecchia fiamma di Porto Valtravaglia, dove ha dei parenti e infine il senatur Umberto Bossi: «A

lui – ha raccontato – ho fatto lo scherzo più bello e meglio riuscito di tutta la mia vita».
La storia comincia nella campagna elettorale per il Comune di Milano del 1997: «Bossi mi chiamava l’Albertina, e dato che si tratta di un personaggio autorevole, nonostante la sua rozzezza, la diceria si diffuse. Io ho massimo rispetto per gli omosessuali ma so di non esserlo, anzi semmai mi definirei un pluri-eterosessuale – ha spiegato – dunque la cosa mi diede parecchio fastidio, e quattro anni dopo ebbi l’occasione di vendicarmi». Lo scenario politico era cambiato e la Lega si candidava a diventare alleata della Casa delle libertà anche per il Comune di Milano, «ma io, che mi candidavo di nuovo a sindaco , posi le mie condizioni». Tra queste anche le scuse pubbliche di Bossi circa le insinuazioni sulla mia omosessualità: «Così convocai i colonnelli della Lega per presentargli una lettera di scuse che pretendevo fosse firmata da Bossi – ha raccontato – ben sapendo che non era sottoscrivibile». Il testo era stato tratto dal film «Un pesce di nome Wanda». Solo quando la Lega fece circolare la lettera dichiarai che si trattava di uno scherzo e svelai la citazione, e devo dire che Bossi si mostrò molto ironico in quell’occasione, accettando “una tapira” con tutù da Striscia la Notizia».
Tra il pubblico ad ascoltarlo anche il procuratore Grigo cui Albertini si è rivolto per ricordare che nessun magistrato ha mai indagato «sui miei 10 anni di mandato con oltre 6 miliardi di appalti».

e.marletta

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