Quando John Mayer scrive la tua colonna sonora la gravità diventa soltanto un effetto speciale

Il commento di Kevin Ben Ali Zinati del Live di John Mayer a Londra

Era iniziata come una follia, ed è finita come una follia. Non poteva essere diversamente. Perché noi non ci smentiamo mai. A noi, l’organizzazione non piace, viviamo di avventure e di brividi. Quelli che sa darti solo il bus per l’aeroporto delle 2.41 di mattina a Stockwell che non passa o il bus per l’aeroporto delle 3.41 che non ti fa salire perché è strapieno. Perché anche Londra non si smentisce mai. Immensa, piovosa, viva alle cinque del pomeriggio che entri in China Town e ti sembra di essere a Pechino e spenta alle due di notte quando cerchi qualcuno che ti dica come diavolo fare per arrivare a Gatwick. E ovviamente, perché neanche John Mayer si smentisce mai.

L’O2 Arena – sì, sempre lei – ora trema ora piange con te sotto le note delle canzoni che ti si sono appiccicate addosso, sulla pelle. Due ore prima sei fuori, sulla collinetta davanti all’ingresso, con il tuo biglietto in mano, la sigaretta che si consuma troppo in fretta e le gambe che ti tremano: stai per guardare negli occhi l’uomo che un bel giorno ha deciso di scrivere la colonna sonora della tua vita. Varchi la soglia della tua casa per le prossime settimane –

perché sai già che con il corpo tornerai in Italia ma con la mente e con il cuore resterai lì – e tutto si ferma. John entra al buio, hai gli occhi fissi sullo stage ma non lo vedi, impugna la sua chitarra. Ci siamo. Due strimpellate, il suono è quello giusto. Eccoci. John ti spara “Heartbreak Warfare”. E parte il viaggio nel suo labirinto, che poi è anche il tuo, dove le sue storie, le sue sofferenze, i suoi amori, la sua musica, le sue emozioni ti fanno venire la pelle d’oca: stai ascoltando dal vivo pezzi della tua storia. John Mayer ti esalta. Ti fa ballare con il funky “Moving On and Getting Over”. Ti fa trattenere il respiro con gli assoli tra il rock e il blues tra un pezzo e l’altro. Ti fa quasi levitare da terra quando decide di fare casino sul palco con Pino Palladino e Steve Jordan. Qui la gravità non esiste. Arriva poi il momento dell’acustico. Speri in “Your Body is a Wonderland” ma ti arrivano addosso prima “Free Fallin”, poi “In Your Atmosphere” e “Daughters” con il maestro Robbie McIntosh. La tua vita è su un palco e 20 mila persone la stano ascoltando. Vi piace? È bellissima. E a proposito di gravità, L’encore non può che essere lei, “Gravity”.