«Segnale per le donne in politica bisogna fare sempre più squadra»

Erica D’Adda, senatrice di Busto, commenta: «Adesso sarebbe bello vedere un sindaco donna nella nostra città»

«Adesso sarebbe bello vedere anche un sindaco donna. Ma anche solo che ci siano un paio di donne che si confrontano su cinque candidati…». Commenta così l’esito “al femminile” del sondaggio sul “Bustocco dell’Anno” Erica D’Adda, senatrice bustocca, da sempre in prima linea sui temi della questione di genere, ricordando anche un’altra figura, bustocca di nascita, come quella della Sindaca di Cardano al Campo Laura Prati, di cui oggi D’Adda presiede l’associazione nata in memoria. «Un test interessante tra i cittadini, ho notato che Patrizia Testa e Francesca Grati sono venute fuori alla distanza, con il passo da alpino – fa notare D’Adda – congratulazioni a entrambe, sono persone che hanno fatto qualcosa d’interessante, nel loro campo. Magari Busto stavolta può lanciare un segnale importante».

Ogni anno si spera che sia quello della donna. Il problema è che, dovendo compiere uno sforzo più grande per riuscire a conciliare la passione politica, o di altro genere, con la famiglia, a volte è ancora un po’ più difficile per una donna che per un uomo. È sempre un po’ più complicato per una donna cogliere determinati traguardi, se non defemminilizzandosi e dedicando tutta se stessa, così da perdere molto della famiglia.

È un fatto che, soprattutto nel mondo che conosco di più, la politica, nelle posizioni massime in Italia le donne non arrivano mai. Non c’è una donna segretario di partito, non so quando ce ne sarà una presidente del consiglio: ovviamente competente, non solo in quanto donna, ma visto quel che c’è in giro, una donna certo non sfigurerebbe. Purtroppo, è un dato oggettivo che verifico quotidianamente, una donna o segue la via tracciata da un uomo,

affiancandosi a un leader o a gruppo di uomini, oppure se cerca di mantenere una propria autonomia, pur all’interno di un partito o di un gruppo, paga un prezzo molto alto. E sarà sempre più cosi. Nelle organizzazioni non prevale la dimensione di confronto ampio sui temi, sui valori, su una visione del mondo, ma il leaderismo. E così molte mie brave colleghe, competenti su temi delicati come pensioni, welfare, lavoro, non si vedono mai in televisione, mentre ci va chi vanta degli attributi estetici o, ancor di più, una maggior vicinanza all’area predominante.

All’atto pratico quando c’è da ambire a ruoli più impegnativi, le donne sono sempre più in situazioni difficili. L’autonomia di pensiero in certi momenti non è utile: meglio essere come l’acqua che scorre o starsene in disparte.

Io amo la competenza e non le quote, ma obiettivamente se ci sono così tante donne in Parlamento è perché sono state scelte secondo un certo criterio. Ma rischiamo di regredire. Non siamo ancora in una fase in cui le donne possano lasciare un segno vero in senso di possibilità di avere il potere e dimostrare cosa sa fare. Vuole un altro esempio? Non si profila nessuna candidatura femminile al congresso del mio partito. Cosa che ritengo stravagante, considerata la presenza delle donne nelle istituzioni e nella società.

I requisiti li avrei anche, ma le risorse, le energie e il tempo che servirebbero, rendono tutto difficile, senza un riconoscimento dagli altri. Si dovrebbe fare solo quello, smettendo di fare il parlamentare. Molti mi dicono di buttarmi, ma nella politica si investe meno sulle donne. Servono, fanno la differenza, ma non si investe su di loro, a meno che non ci siano degli uomini che le trainano. È proprio quello che io vorrei evitare. Il merito e la competenza emergeranno solo quando le donne, in politica e non solo, avranno una vera autonomia.

Forse in un ambito più piccolo, lo dimostrano gli esempi di Testa e Grati, è possibile fare più squadra. È un segnale, lo colga anche la politica, perché il rinnovamento passa anche dalle donne. Un sindaco donna a Busto? Sarebbe una grande novità, io spero un domani che ci siano almeno delle candidature femminili, più donne che si confrontano tra loro. Se su cinque candidati sindaco due fossero donne non sarebbe uno scandalo, il problema è che le dinamiche che muovono le organizzazioni politiche rispondono a logiche molto diverse. Io stessa sono stata nel toto-nomi delle ultime elezioni, ma non mi ricordo qualcuno che mi abbia chiesto cosa volessi fare per la mia città. Se non è quello che importa, non importa a me e ad altre donne. Perché o è davvero una battaglia di rottura, l’occasione di guardare la città con occhi diversi rispetto ai bisogni, pur tenendo ferme le competenze necessarie per gestire una città. Con gli occhi dell’altra parte del cielo. E io che ho raggiunto degli obiettivi nella mia vita politica posso dirlo: c’è ancora tanto da fare per incidere davvero, come donne.