Se la casa della coppia è dei suoceri

Accade di frequente che le giovani coppie stabiliscano la propria casa coniugale in un immobile di proprietà dei suoceri concesso in comodato. Si tratta di una fattispecie che, nel caso di naufragio del matrimonio, può comportare non pochi problemi, soprattutto quando il Giudice, all’esito del provvedimento che dispone la separazione o il divorzio, assegni alla moglie l’abitazione di proprietà dei genitori del marito. Sul punto infatti la giurisprudenza non è unanime: un primo orientamento, più risalente,

afferma che in questi casi l’immobile sarebbe soggetto ad un vincolo di destinazione coincidente con le esigenze abitative dei familiari. Pertanto il sopraggiungere di una crisi coniugale non costituirebbe valido motivo per l’estinzione del comodato, che quindi proseguirebbe sino al raggiungimento dell’indipendenza economica dei figli. Secondo tale interpretazione si applica alla fattispecie l’art. 1809 c.c., in base al quale il proprietario ha la facoltà di chiedere la restituzione del bene soltanto qualora sopravvenga un bisogno urgente e non prevedibile. Più di recente si sta affermando un secondo orientamento molto più favorevole al proprietario, che considera invece preponderante il fatto che in questi casi il contratto di comodato sia stipulato senza una fissazione del termine. Si applicherebbe allora in tal caso quanto previsto dall’art. 1810 c.c., e vale a dire che “se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede”. È questa, la figura del comodato cosiddetto “precario”, caratterizzata da una libera facoltà di recesso unilaterale del rapporto riconosciuta in capo al comodante.

Da quanto sopra, emerge che la tematica è caratterizzata ancora oggi da forti incertezze, dato che il nostro legislatore non ha chiarito se in questi casi debba prevalere il diritto del proprietario, ovvero i diritti derivanti dalle esigenze del nucleo famigliare. Proprio al fine di risolvere il contrasto tra le diverse pronunce in un senso o nell’altro, è attesa nei prossimi mesi una pronuncia chiarificatrice della Suprema Corte, che si è riservata di decidere a Sezioni Unite proprio sul tema affrontato.

Avv. Matteo Borgini

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