Gallinari, lo sport è un’opera d’arte

Il campione dei Denver Nuggets ieri era a Tradate ospite della “The Boga Foundation”, davanti a 500 tifosi

Lo sport come opera d’arte, l’arte che ha da sempre rappresentato gli sportivi, una connessione tra arte e sport importante, innovativa e che perdura nel tempo. Per questo motivo Danilo Gallinari è stato ospite a Tradate della “The Boga Foundation” e si è concesso a oltre 500 tifosi cui ha firmato autografi non prima di aver risposto alle domande dei giornalisti e di aver detto la sua sull’arte, sullo sport e sul basket italiano: «Riesco a seguire le partite del campionato italiano –

ha raccontato il cestista in forza ai Denver Nuggets – mi auguro che Milano riesca a portare a casa un altro scudetto, sta facendo un po’ fatica e Trento è un’ottima squadra, forse la peggior squadra per la rosa di Milano, ma mi auguro che possa vincere ancora perchè è la più forte». Più facile vincere con l’Italia o con Denver? «Vedo più vicino un risultato positivo con la nazionale che con Denver – ha risposto subito Gallinari – negli Usa abbiamo una squadra giovane e con un ottimo futuro ma l’Italia è il futuro più prossimo, cominceremo il 20 luglio, ci sarà il raduno e c’è la consueta carica da parte di tutti per raggiungere obiettivi importanti».

Questione di cultura sportiva? «Creare una cultura sportiva è fondamentale, non spetta solo ai leader della squadra o all’allenatore, deve arrivare da tutte le persone della società. Il modello più bello che oggi c’è in Nba è San Antonio, lo era anche Denver e adesso stiamo provando pian piano a crearla, le caratteristiche tecniche e fisiche sono simili per tutti, la differenza la fa la testa perchè i giocatori più forti sono quelli che hanno la testa più forte» ha raccontato, ma quando gli si chiede quali siano le squadre dove si è trovato meglio arriva la puntualizzazione. «Parlando degli Usa mi son trovato bene a New York e bene a Denver, in Italia ho giocato solo a Milano e giocherò solo a Milano se mai mi capiterà di tornare in Italia o in Europa. Solo a Milano perchè ci ha giocato mio padre, quello che ha fatto in quegli anni a Milano coi suoi compagni di squadra è stato qualcosa di incredibile, i giocatori stranieri che ci sono oggi forse recepiscono poco di quella che è la storia dell’Olimpia e credo che qualcuno debba ricordargliela, ho tatuato Milano sulla pelle, c’è solo l’Olimpia per me». Testa e corpo che ritornano anche quando viene chiesto a Danilo Gallinari quanto sia importante avere un fisico imponente per sfondare: «Ogni giocatore deve capire che conoscere il proprio corpo è fondamentale perchè è il suo strumento di lavoro, ogni mattina capire di cosa ha bisogno è quanto di più importante, un pensiero costante che ho tutti i giorni, durante e fuori stagione. Ho fatto 7 operazioni in 9 stagioni in Nba, ho migliorato il rapporto col mio corpo ed è stata un’occasione per rinforzarmi sia fisicamente che mentalmente».

Il rapporto Italia-Usa continua anche quando si parla di differenze e di modelli, sportivi e di vita: «La differenza tra Italia e Usa è nella quantità di partite, in Italia ne giochi al massimo un paio a settimana, negli Usa anche 3 o 4, non solo. I minuti per ogni partita sono 48 invece che 40, hai lunghi viaggi da affrontare e spesso anche fusi orari differenti, non è semplice. Modelli nella vita sono papà e mamma, non ho mai avuto la necessità di trovare modelli differenti rispetto alla famiglia. Nello sport invece Michael Jordan, il mio primo incontro con lui è stato scioccante».