«Maleducazione e bestemmie restino fuori almeno dall’oratorio»

L’appello del parroco, don Franco: «Un luogo aperto a tutti, ma è il momento che la comunità faccia davvero la sua parte»

Luoghi per riunirsi, stare insieme e divertirsi ce ne sono di vari tipi: un bar, un giardino pubblico, un cortile. Ma lui, l’oratorio, non è come tutti gli altri. Perché al momento ludico-aggregativo affianca quello educativo e cristiano. Ergo, occorre che il comportamento sia consono a quanto quell’ambiente richiede.

Ma è sempre così? No, dice , parroco della chiesa di Sant’Ilario in Marnate rivolgendosi alla propria comunità nell’imminenza dell’elezione del consiglio dell’oratorio. Non è sempre così neppure a Marnate. L’occasione gli è stata propizia per ricordare alcuni punti fermi su cui si deve basare uno stile di vita oratoriano. Ma anche per far presente che, in taluni casi, tale stile è colpevolmente lasciato fuori dalla porta quando se ne varca l’ingresso: «L’oratorio è aperto a tutti certo – scrive – è aperto in modo particolare per quei ragazzi che ”hanno dei problemi” anche comportamentali; non è aperto affatto a quei ragazzi e giovani che vogliono fare i maleducati e bestemmiano, e purtroppo anche a Marnate non mancano neppure questi».

Insomma, divertirsi sì ma senza emarginare dal proprio vissuto una certa architrave educativa. Come se ne esce? La sua risposta è semplice e impegnativa al contempo: ognuno mettendoci la sua goccia di impegno. Che fa poi tutt’uno con un’assunzione rinnovata di responsabilità. «Non basta che siano solo i componenti del Consiglio dell’oratorio a essere attenti all’educazione dei ragazzi – aggiunge – insieme a un ambiente funzionante penso che alla base dell’oratorio ci deve essere una comunità educante composta di adulti e giovani corresponsabili nel portare avanti il discorso educativo». La parola chiave è pastorale. Ma pastorale deriva da pastore. E il pastore è colui che conduce le pecore e al contempo si autoconduce. E dunque, ognuno è chiamato in un certo senso, fa intendere don Franco, a essere pastore per se stesso e per gli altri.

«Dire pastorale aperta a tutti – prosegue nella sua lettera alla comunità parrocchiale marnatese- non vuole dire che chiunque possa entrare in oratorio facendo quello che vuole». E nell’affermarlo rimarca che, se non esistesse un particolare stile oratoriano, nulla più differenzierebbe questa struttura da un’altra qualunque: «Se il discorso educativo non dovesse sorgere – dice – l’oratorio corre il pericolo di diventare un centro sociale, perde della sua natura particolare». I toni della sua lettera sono pacatissimi. E il messaggio è di quelli che difficilmente si possono equivocare.