La forza della tradizione nella Città Giardino. Il richiamo della Festa di Sant’Antonio Abate

Un appuntamento imperdibile per tutti i varesini, che ogni anno affollano l’antica piazza della Motta

Si rinnova alla Motta la tradizionale festa dedicata a Sant’Antonio.
Come accade tutti gli anni, la cittadinanza si ritrova a festeggiare questo straordinario appuntamento con la tradizione, con la fede e con il costume, con un rituale praticamente immutato nel tempo, garantito dalla organizzazione del comitato promotore dei Monelli della Motta capitanati da Giuseppe Redaelli e affiancati dalla sezione del Gruppo alpini di Varese.
La struttura formale della festa è ormai codificata: al centro della piazza la catasta di legna preparata dai Monelli il giorno prima con legna donata da privati o da aziende del territorio;

poi il bancone gastronomico posizionato di fianco alla chiesa; lungo la via Carrobbio e le vie limitrofe le bancarelle che vendono frittelle, dolci tipici, e altri oggetti senza distinzioni di genere; la benedizione del Prevosto e poi l’accensione del falò su più lati da parte del Sindaco di Varese e delle autorità cittadine; il giorno successivo la tradizionale benedizione degli animali sul sagrato della chiesa.
L’interesse di questo evento, che non è la festa patronale della città ma certamente la più popolare manifestazione che vi si svolge, risiede nel fatto che rappresenta un asset culturale immateriale della città afferente all’espressione identitaria della comunità e alla eredità del passato da trasmettere alle future generazioni.
Il suo reiterarsi per lungo tempo senza interruzioni (tradizione) e il ripresentarsi ogni anno come affermazione di una appartenenza sancita attraverso la festa ma soprattutto con il rito del falò, attraverso un processo di risemantizzazione ha attribuito alla festa di sant’Antonio un nuovo significato di simbolo identitario e di legame che potrebbe rientrare nella definizione di patrimonio culturale immateriale secondo la Convenzione sulla Promozione e Protezione del patrimonio immateriale (2003).

Per “patrimonio culturale immateriale” s’intendono le pratiche, rappresentazioni, espressioni, sapere e capacità, come pure gli strumenti, artefatti, oggetti, e spazi culturali associati, che le comunità, i gruppi e, in alcuni casi anche i singoli individui, riconoscono come parte integrante del loro patrimonio culturale. Ciò che rileva, in particolare, non è la singola manifestazione culturale in sé, ma il sapere e la conoscenza che vengono trasmessi di generazione in generazione e ricreati dalle comunità ed i gruppi in risposta al loro ambiente, all’interazione con la natura e alla loro storia.
Il patrimonio immateriale garantisce un senso di identità e continuità ed incoraggia il rispetto per la diversità culturale, la creatività umana, lo sviluppo sostenibile, oltrechè il rispetto reciproco tra le comunità stesse ed i soggetti coinvolti.
Il Patrimonio Immateriale, come indicato all’art. 2 della relativa Convenzione del 2003, è individuabile in 5 settori: tradizioni ed espressioni orali, incluso il linguaggio in quanto veicolo del patrimonio culturale immateriale; arti dello spettacolo; consuetudini sociali, riti ed eventi festivi; saperi e pratiche sulla natura e l’universo.

Nato intorno al 250 in una località del Medio Egitto, nei pressi di Eracleopoli sulle rive del Nilo, è considerato il patriarca del monachesimo per la vita eremitica che ha condotto tutta dedita alla preghiera, al lavoro e alla lettura delle Sacre Scritture. L’agiografia lo descrive come un grande lottatore contro i demoni e le malattie, attribuendogli capacità taumaturgiche. Morì il 17 gennaio 356 e in tale giorno è ricordato per la chiesa il suo dies natalis.
Il culto di Sant’Antonio ebbe inizio durante la sua vita, varcando ben presto i confini dell’Egitto per diffondersi in Oriente e Occidente.
Ebbe un posto di rilievo nella venerazione popolare come protettore contro la peste, contro i morbi contagiosi e contro il cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio”. Perciò molti ospedali e luoghi di cura sono intitolati al santo.
In seguito al trasporto delle sue reliquie in Francia per opera di un crociato, presso la chiesa di Saint-Antoine de Viennois si sviluppo un continuo pellegrinaggio di malati bisognosi di cure che li si recavano per la fama del santo guaritore, tanto numerosi da spingere gli Antoniani (ordine religioso nato dal suo esempio) a costruire un ospedale nei pressi della chiesa e utilizzare i maiali quale fonte di sostentamento, ragione che spiegherebbe l’attributo caratteristico del Santo e l’estensione a patrono degli animali domestici.

La chiesa dedicata a Sant’Antonio, aperta per la preghiera personale durante la festa, risale al XVI secolo. Edificata sull’antica piazza del mercato del bestiame è il risultato dell’ampliamento di un precedente oratorio, realizzato su impulso della Confraternita di Sant’Antonio.
Recentemente restaurata con un massiccio intervento, all’interno conserva la decorazione architettonica affrescata dal quadraturista Giuseppe Baroffio che racchiude scene dipinte da Giovan Battista Ronchelli. Pregevole il coro ligneo scolpito nel 1604 dall’intagliatore Marco Antonio Bernasconi e la statua del santo scolpita presumibilmente nello stesso periodo e collocata nell’abside.

La Festa di Sant’Antonio inizierà alle 21, nella chiesa della Motta, con il concerto ensamble Divina armonia. Maestro Lorenzo Ghielmi, organista.

alle 10.30 e alle 18.00 celebrazione eucaristica e benedizione candele votive. Chiesa di Sant’Antonio alla Motta.
Alle 21, in piazza della Motta, l’arrivo della fiaccolata e l’accensione del falò alla presenza del prevosto monsignorPanighetti e del sindaco Galimberti oltre alle autorità cittadine.

, sempre nella chiesa di Sant’Antonio alla Motta, celebrazioni eucaristiche alle ore 8, 9, 10, 11. Alle ore 12 si terrà l’appuntamento tradizionale della benedizione degli Animali e dei Pani.