Quando il presepe diventa vera opera d’arte. Il tesoro varesino dimora al Sacro Monte

Tra sculture in terracotta e pittura ad affresco, l’opera del Prestinari è tra le più belle della regione

È già Natale. Anche quest’anno Varese si accende di luminarie e addobbi che invadono le vie del centro e molti, come tradizione vuole, si preparano ad allestire il presepe. Quel presepe che realizziamo in casa o ammiriamo in chiesa ha la sua origine, stando alla tradizione, nel desiderio semplice di San Francesco di vedere “con gli occhi del corpo” in che modo Gesù fu adagiato nella mangiatoia.

Con il famoso presepe di Greccio, sacra rappresentazione messa in scena la notte di Natale del 1223, si codifica in qualche modo l’iconografia degli istanti immediatamente successivi alla nascita di Gesù ambientandoli in un contesto non artefatto, circondato da personaggi come contadini, pastori, religiosi, nobili, popolani, che realmente si potevano incontrare per strada al tempo del santo di Assisi, successivamente fissata per sempre nell’affresco dipinto da Giotto nella basilica Superiore di Assisi.

Nella tradizione cristiana, ad onor del vero, a partire dal IV secolo la rappresentazione della Natività di Gesù è probabilmente fra i temi più affrontati dell’arte religiosa. Nella mia galleria personale, tra le immagini che meglio testimoniano il bisogno di rappresentare il racconto dell’evento straordinario di Cristo che si incarna nella storia del mondo e in quella di ogni uomo, Dio e uomo allo stesso tempo, metto il dipinto parietale conservato nella catacomba di Priscilla sulla Salaria a Roma e il dittico conservato al Museo del Tesoro del Duomo di Milano,

opera preziosa fatta in avorio e pietre con le scene della Natività e della Adorazione dei Magi. Con quest’ultimo, anche il maestoso presepe marmoreo realizzato da Arnolfo di Cambio intorno al 1290 per la Betlemme dell’Occidente (la figura della Madonna è però cinquecentesca), ovvero l’antico sacello consacrato al culto della Sacra Grotta realizzato nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore a Roma, probabilmente la rappresentazione più antica che si conosce di un presepe inanimato commissionata, guarda caso, dal francescano Nicolò IV.

Ma anche la straordinaria e per certi versi controversa Natività in Santa Maria Foris Porta a Castelseprio e l’arcaica e suggestiva natività nella cripta di Santa Maria del Monte. E poi Giotto, Piero della Francesca, Perugino, Durer, Della Robbia, Rembrandt, Poussin, Zurbaran. Fino ai contemporanei. Un elenco degli artisti che in ogni epoca si sonno cimentati in questo tema secondo la sensibilità e la spiritualità del loro tempo è vastissimo. Tutti hanno lasciato una traccia indelebile nell’immaginario del mondo cattolico e contribuito alla enorme fortuna del genere dando vita a raffigurazioni a volte cariche di simboli e con un alto significato spirituale e teologico, ma universalmente riconosciute da tutti, a prescindere dalla confessione religiosa, perché ciascuno di noi si può sentire rappresentato.

Per quanto riguarda Varese non è esagerato affermare che il vertice della rappresentazione della Natività si trova alla III Cappella del Sacro Monte, saggio mirabile di composizione mista di scultura in terracotta e pittura ad affresco.

Costruita a partire dal 1605 su progetto dell’architetto , contiene uno dei più belli (e forse più grandi) fra i presepi in Lombardia, realizzato in buona parte da Cristoforo Prestinari e completato dagli affreschi di . Un grande omaggio alla iconografia più classica della Natività in una capanna con il Bambino deposto nella mangiatoia, il bue e l’asino, e le figure di Giuseppe e Maria, oltre ai pastorri, che esprimono il mirabile rapporto di dialogo tra sculture e spettatori caratteristico delle cappelle del Sacro Monte.