L’erroraccio degli svizzeri è diventato un caso politico

LO SBAGLIO - L’imputato si chiama Alessandro ma il Dna è etichettato con un altro nome, Gianfranco.

La notizia, riportata dal nostro quotidiano tre giorni fa, ha fatto il giro di tutti i media di oltre confine. E la polizia cantonale, chiamata in causa, ha ammesso l’errore precisando però di aver comunicato lo sbaglio in modo tempestivo alle autorità italiane. «Una comunicazione mai ricevuta e che non è agli atti – spiega Corrado Viazzo, difensore dell’imputato che potrebbe venire assolto in seguito al disguido – Un presunto errore che, in ogni caso, adesso è impossibile correggere». L’ultima carta l’accusa se la giocherà il prossimo 16 settembre: in aula, in tribunale a Varese, saranno chiamati a testimoniare gli agenti della polizia svizzera che fecero gli accertamenti finiti adesso messi in discussione.

Ma cosa è accaduto? Nel novembre 2007 un rapinatore, con il volto coperto da una calza di nylon e con dei guanti per non lasciare impronte, ha assaltato l’area di servizio di Ligornetto. L’uomo è poi fuggito attraverso la rete che cinge parte dell’area di confine. Poco oltre la polizia italiana, allertata dalle autorità elvetiche, ha trovato una calza di nylon e un paio di guanti. Da quei reperti è stato estratto il Dna di chi li indossava.

Dna inviato agli svizzeri per le analisi comparative, la Svizzera ha infatti una grande banca dati dove viene archiviata l’impronta genetica di chiunque venga arrestato. E la comparazione porta a un risultato. C’è un nome. Un quarantenne di Clivio. Che alcuni mesi prima era stato arrestato in Svizzera. Le autorità italiane rintracciano il quarantenne e lo arrestano. Il processo sarà celebrato in Italia e all’autorità giudiziaria italiana vengono spediti gli atti. Compresi i reperti relativi al Dna. E qui sta l’errore: l’indagato, oggi imputato, si chiama Alessandro. Ma il Dna è etichettato con il nome Gianfranco. Il cognome è giusto, ma il nome no. «E questo – spiega Viazzo – rende impossibile collegare il mio assistito alla rapina». L’errore oltre confine ha scatenato un piccolo tzunami. I media svizzeri hanno rimbalzato la notizia ovunque dal sito del nostro quotidiano. E la polizia cantonale è stata chiamata a rendere conto dell’accaduto. L’accusa a questo punto non ha avuto altra scelta che chiamare a deporre i poliziotti svizzeri che hanno effettuato l’indagine. Dovranno deporre in aula testimoniando che quel nome è frutto di un errore e che il Dna è effettivamente dell’imputato. Della segnalazione alle autorità italiane, agli atti, ad oggi non vi è traccia alcuna. E il presunto rapinatore potrebbe venire assolto.