«Noi in trappola nel sisma a Ischia. La casa sembrava aprirsi a metà»

Il racconto di Antonella Accongiagioco, in vacanza a lacco Ameno insieme alla figlia Martina. «Dopo la scossa, abbiamo dormito fuori, perché ci siamo spaventate». L’abitazione è stata dichiarata inagibile

La terra trema e fa paura: «ho temuto che la casa si aprisse a metà». Il bilancio del sisma di magnitudo 4 registrato alle 20.57 di lunedì sera tra Ischia e la costa Flegrea è di due donne morte, 39 feriti, danni, crolli e lesioni a edifici e un fortunatissimo salvataggio per i tre bimbi rimasti ore sotto le macerie. Molti i varesini presenti sull’isola.

«Ero appena rientrata dal mare a casa di mia mamma a Lacco Ameno con mia figlia quattordicenne, Martina, quando c’è stata una scossa terribile. La sensazione era quella di stare sopra a una centrifuga di lavatrice che andava a 3000 giri», racconta Antonella Accongiagioco, residente a Varese, ma ischitana di nascita, con la voce che talvolta trema ancora. «Abbiamo preso il cane Brick, ci siamo fiondate fuori e abbiamo iniziato a respirare».

La luce «è andata via per 20 minuti e non prendevano i telefoni per poter dare e ricevere informazioni. Sono stati attimi veramente brutti».

Da Varese intanto saliva la preoccupazione di papà Virgilio Maroso, figlio dell’indimenticato Peo, giocatore, allenatore e presidente del Varese: «Martina mi ha chiamato la sera stessa».

«Non l’ho mai sentita così: piangeva e mi ha raccontato del terremoto. Di aver sentito il pavimento muoversi, mentre in casa crollavano oggetti e mobili, la luce andata via e, con sua mamma e sua nonna, sono scappate in strada subito».

Pur cercando notizie, nell’immediatezza non c’erano riscontri.

«Ci è voluta un’ora perché si capisse cosa accadeva, mentre al telefono, a più riprese, mia figlia mi raccontava quello avveniva, come il crollo di un muro di una casa vicino o la notizia della prima signora morta. L’abitazione in cui erano si trova a un centinaio di metri dall’ospedale Rizzoli che all’inizio era stato evacuato».

Oltre allo spavento ci sono stati danni ingenti, per fortuna solo alle cose.

«La casa di mia mamma è molto lesionata – spiega Antonella – Abbiamo dormito fuori, perché ci siamo davvero spaventate. Ora siamo ospiti di mia sorella che non ha avuto danni. Martina si è spaventata molto. All’inizio era sotto choc, poi abbiamo reagito per forza di cose».

Nonno Peo «deve averla guardata da lassù e l’ha salvata. Stava per caderle addosso una parete attrezzata e sono riuscita a portarla via per un pelo. È accaduto tutto nell’arco di secondi terrificanti. Non so chi mi abbia dato la forza di reagire. Al momento della scossa eravamo al primo piano della palazzina e non so ancora come ho fatto a uscire con mia mamma che è invalida al 100% e ha una protesi al ginocchio. Ho temuto che la casa si aprisse a metà. Non abbiamo portato nulla. Io avevo solo il copricostume e mia figlia era in calzoncini».

Col passare delle ore la razionalità ha preso il sopravvento sulla paura. «Adesso devo badare a mia mamma e a mia figlia». Sfortunatamente ieri pomeriggio l’abitazione è stata dichiarata inagibile dai Vigili del Fuoco. «Si trova proprio sulla traiettoria compiuta dalla scossa. L’onda sismica si è protratta a chilometri dall’epicentro in mare e la casa è a un centinaio di metri dalla riva».

Natia di Ischia, Antonella aveva vissuto da bambina il sisma del 1982 e assicura «pur essendosi sentito forte – e non ho idea di quale fosse la magnitudo -, non ha avuto la stessa violenza di questa».

C’è poi un fattore che in particolare l’ha fatta inorridire. «È sconvolgente lo sciacallaggio. Ho letto messaggi inqualificabili da “dovevate essere lavati con al lava” a cori razzisti che non servono a niente. Qui non si tratta di terroni o non terroni, ma di persone». Sull’isola, come precisa la donna: «c’erano molti turisti, varesini compresi, perché è un luogo spettacolare. Molti ospiti sono stati evacuati, altri hanno scelto di restare».

Ieri anche Martina ha recuperato serenità. «Sta bene è nella casa della zia che è solida: è al sicuro, coccolata dagli zii e dai cugini che le tengono su il morale, distraendola e facendola ridere. Torneremo a Varese quando sarà tutto sistemato e potremo raccontare come si è conclusa questa brutta esperienza che non dimenticheremo. Ci vorrà tempo».