Una nuova costruzione tra difficoltà finanziarie e sempre più polemiche

Il giornalista Fausto Bonoldi ci porta quindi alla terza fase della storia della nascita della sanità varesina

Nel 1657, il Venerando ospedale dei Poveri si trasferì nel collegio delle Vergini di Sant’Orsola, a Porta Regondello (via Donizetti), acquistato il 23 settembre di due anni prima per 15mila lire.

La casa religiosa era ospitata in uno stabile che nel 1584 la nobile Caterina Perabò aveva messo a disposizione delle Vergini, donne desiderose di vivere in comunione senza prendere i voti, che già operavano nell’Ospedale di San Giovanni, al fine di soddisfare il desiderio dell’arcivescovo Carlo Borromeo di aprire un convento femminile nel cuore di Varese. Nel 1587 la casa era stata dotata di una chiesa. Nella prima metà dell’Ottocento la Congregazione di carità, che amministrava il nosocomio,

diede avvio alla ricostruzione della struttura nella stessa contrada di Regondello. L’edificio del nuovo ospedale, il penultimo nella storia varesina, prese forma tra difficoltà (insufficienza di risorse finanziarie) e polemiche a partire dagli Anni Trenta del XIX secolo. Al riguardo si legge nella Cronaca di Varese relativa al 1833 che “il disegno esterno soddisfa l’occhio ma internamente è meschino” e ciò perché “l’architetto per malinteso risparmio goder volle più locali vecchi e gli esistenti piani superiori”. Come ai tempi in cui scriveva Luigi Grossi, l’edificio, che ancor oggi possiamo vedere all’angolo tra via Donizetti e piazza Giovine Italia, è senz’altro pregevole all’esterno mentre l’interno, frazionato tra diverse proprietà, è stato ben restaurato solo in parte.