Ha l’Alzheimer in forma precoce ma le strutture non l’accolgono

Giuseppa ha 51 anni ed è malata dal 2013. «In Italia la malattia prima dei 65 anni non è contemplata»

La moglie è malata di Alzheimer precoce: «nessuna struttura la accoglie».

La storia di Giuseppa e Gaspare è emblematica dei nostri tempi. «A mia moglie la malattia è stata diagnosticata nel 2013 – spiega il marito – oggi ha 51 anni. Si tratta di Alzheimer precoce. È pericolosa per se stessa e per gli altri». Gaspare chiarisce subito: «non si tratta di una questione economica. Posso pagare. Farei tutto per lei. Era in una struttura da 2.200 euro al mese. Non mi importa dei costi. Basta che abbia la giusta assistenza». Giuseppa era stata ricoverata in una clinica di Luino «dove mi hanno detto che non poteva più stare – spiega Gaspare – tra l’altro vorrei dire una cosa che suona come barzelletta.

Ma non fa ridere. Sino ai 65 anni in Italia, o almeno in Lombardia, non ci si ammala di Alzheimer. Che la malattia si manifesti prima non è contemplato. Peccato che mia moglie abbia una forma precoce della patologia». Nella struttura luinese dove la donna era ricoverata, dunque, non era possibile tenerla. Secondo la valutazione, la donna era pericolosa per se stessa e per gli altri e quindi niente assistenza. «Giuseppa è stata sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio – dice il marito con la voce che si incrina per il pianto – è ricoverata all’ospedale di Cittiglio.

Avevo trovato un posto per lei, con tutti i crismi e accreditato per la patologia, e lo accredita la Ats. La stessa Ats con una relazione di una loro professionista dice però che mia moglie in quella struttura non ci può stare. Perchè pericolosa per se stessa e per gli altri. E allora perché accreditarla?». Capiamoci, il marito in questione non vuole liberarsi della moglie. «Amo mia moglie come il primo giorno – spiega – ma devo lavorare per pagarle le cure. Non può essere lasciata sola. Per questo cerco una struttura per lei. Assurda questa burocrazia che ci imprigiona. Assurdo tutto.

Assurdo che in Lombardia, dove la sanità è un’eccellenza, i malati di Alzheimer non esistano sino ai 65 anni, assurdo che chi accredita una clinica per l’assistenza di questa patologia poi dica che la stessa clinica non sia idonea a ospitare mia moglie. Moglie che vorrei soltanto curare. Curare. E amare. Curare, amare e accudire. Chiedo soltanto che ci sia un posto per lei. Un posto dove possa essere assistita davvero».