«Quella frana era prevedibile». Opposizione all’archiviazione

La famiglia Levati, dopo l’incidente mortale del 2014, va contro le conclusioni della procura di Varese

– «Quella frana era prevedibile»: i familiari delle vittime del disastro di Cerro di Laveno si oppongono alla richiesta di archiviazione depositata dalla procura. In quel drammatico novembre del 2014 uno smottamento di fango arrivato dopo giorni di piogge torrenziale persero la vita , di 70 anni, e , la nipote di 16 anni.

La procura di Varese, quale atto dovuto, aprì un’inchiesta per disastro colposo sull’accaduto affidando ai periti geologi l’incarico di analizzare la situazione. Al termine degli accertamenti la conclusione degli inquirenti fu che si trattò di una “tragica fatalità”. Nessun colpevole, dunque. Non ci stanno, però, i familiari delle vittime che hanno incaricato gli avvocati ed di svolgere altri accertamenti al termine dei quali è stata depositata un’opposizione alla richiesta di archiviazione.

Quella notte di tre anni fa un’onda di fango e massi si staccò investendo l’abitazione di via Reno dove le due vittime riposavano. In casa c’erano altre tre persone: la moglie di Levati, la madre di Alessandra e il suo compagno, il figlio di Levati. I tre erano in soggiorno a guardare la televisione: lo smottamento ha investito la zona notte della villetta dove Levati e Alessandra riposavano. Erano appena andati a dormire.

La camera da letto dei coniugi Levati fu riempita da due metri di fango, Alessandra fu schiacciata da un masso: i vigili del fuoco lavorarono tutta la notte, scavando con le mani per estrarre i corpi delle due vittime sperando di trovare nonno e nipote ancora vivi. Ma ogni speranza fu disattesa. La posizione della procura è chiara: in assenza di perizie accurate (i terreni sono tra l’altro in carico a privati) antecedenti lo smottamento, era impossibile prevedere cosa sarebbe accaduto.

Tuttavia il pubblico ministero , che coordinò le indagini, inviò gli atti in Comune. Da quella notte in poi le condizioni di quel terreno sono chiare e altri incidenti sarebbero penalmente rilevanti. Per i legali dei familiari delle vittime, al contrario, la pericolosità del versante era già nota. Prova ne sarebbero non soltanto i cedimenti già registrati prima della tragedia, ma anche gli interventi di consolidamento già messi in campo nell’arco degli anni ben prima che la frana si staccasse.

Per i legali dei familiari, dunque, la situazione era alla luce del sole e ci sarebbero delle responsabilità da individuare facendo ulteriori indagini.

Sarà ora il gip a decidere se accogliere la richiesta di archiviazione o rinviare gli atti in procura per ulteriori approfondimenti.