VERBANIA – “Come dal primo giorno. Tutti puntano il dito contro Tadini per cercare di farne l’unico colpevole. Secondo noi invece le responsabilita’ sono anche di altri”. Marcello Perillo, penalista lecchese, si è fatto questa convinzione fin da subito, il 26 maggio del 2021, quando per la prima volta ha incontrato in carcere Gabriele Tadini, l’uomo del “forchettone” che si era autoaccusato di avere disattivato i freni di emergenza della cabina numero 3 della funivia del Mottarone.
Quel mercoledi’ caldissimo non solo per la temperatura atmosferica, negli occhi di mezzo mondo c’erano le immagini delle lamiere contorte in mezzo al bosco, sui giornali si elencavano i nomi delle quattordici persone morte, e tutti stavano con il fiato sospeso per la sorte dell’unico sopravvissuto, il piccolo Eitan, che lottava tra la vita e la morte in una stanza d’ospedale a Torino. Oggi, a pochi giorni dall’apertura del processo che comincia il 17 gennaio a Verbania, e con alle spalle quasi tre anni di indagini e approfondimenti tecnici, Perillo quella convinzione la tiene ben stretta. E la spiega una volta di piu’ all’Agi. “Io per consuetudine non punto il dito sugli altri – dice – ma come ho fatto per tutta la fase delle indagini e durante l’incidente probatorio, cerchero’ con i miei tecnici e con Tadini stesso di approfondire chi avrebbe dovuto fare cosa, quando e perche’. Sono convinto che il processo consentira’ di accertare le responsabilita’ di terze persone, che sono naturalmente gli imputati insieme al Tadini”.
“Tadini – aggiunge il legale – si aspetta senza dubbio una condanna: e’ difficile immaginare di trovare una via alternativa alla sua responsabilita’, che lui stesso ha ammesso. Ma la nostra difesa si concentrera’ sulle corresponsabilita’ di altri, come abbiamo gia’ evidenziato durante l’incidente probatorio. Lo faremo ancora e a maggior ragione durante il processo per cercare la responsabilita’ primaria del Tadini. Non c’e’ un unico colpevole per quei morti”. Dobbiamo aspettarci “sorprese” al processo? “Fino ad ora abbiamo soltanto avuto degli spunti tecnici molto importanti, ma il processo serve appunto per determinare quali sono stati i fatti, quali sono state le responsabilita’, quali sono i nessi di causalita’ fra responsabilita’ e fatti”. Come sta vivendo il suo cliente gli ultimi giorni prima dell’inizio dell’udienza preliminare? “In maniera sempre molto serena. Ha partecipato a tutto l’incidente probatorio dandoci anche una mano dal punto di vista tecnico, e partecipera’ a tutte le prossime udienze. Naturalmente portandosi sempre dentro un profondo senso di colpa, quello che lo accompagna dalla notte in cui davanti ai carabinieri di Stresa ha raccontato quello che era accaduto, e che cerca, come ha sempre detto, di superare appoggiandosi alla sua fede cattolica”.