Tra le cose che angustiano i nostri automobilisti, prima ancora del traffico che non gira, ci sono i parcheggi e il loro costo. Strettamente correlati e inversamente proporzionali: i primi sono pochi (e vengono sacrificati, vedi il fresco caso di piazza Vittorio Emanuele a Busto), il secondo è troppo. Vero che molta gente pretende di trovare uno stallo libero esattamente sotto il portone, e altrettanto vero che altra gente potrebbe benissimo fare a meno di uscire in macchina per commissioni agevoli anche sul cavallo di San Francesco.
/>Però a Varese e Busto Arsizio la sosta si paga assai, e le alternative – tipo i parcheggi di interscambio abbinati ai bus navetta – non esistono. Morale: chi deve usare l’auto viene spennato. Anche di sera, con il famigerato forfait di un euro tra le otto e mezzanotte. E morire se si può far scattare la tariffa notturna un minuto prima delle canoniche 20: a quell’ora vedi spesso persone che aspettano nei pressi del parcometro, sbirciando nervosamente l’orologio in attesa che la lancetta lunga arrivi alla posizione verticale “tana libera tutti”.
Le strisce blu sono un modo arguto di fare cassa: resistono ai tempi, alle leggi, alle proteste, ai cavilli, alle sentenze avverse dei giudici di pace e persino degli ermellini della Cassazione. Molti Comuni non ne fanno mistero: i bilanci sono in rosso, dargli una mano di blu aiuta. Se non provvedono i cittadini, ci pensano gli ausiliari del traffico: fanno la posta, setacciano quartieri e filari di stalli come anime in pena, fissano sugli smartphone con stampante incorporata, eredi degli antichi temuti taccuini rosa, le targhe dei fedifraghi; e così fanno giornata. Odiati dagli automobilisti, benedetti dai ragionieri municipali, compatiti dai neutrali: ambasciator non porta pena, sicuri?
Bello sapere che in un’anonima via del centro di Varese e di Busto Arsizio si paga lo stesso euro e mezzo di posti ameni vista mare – e che mare – come Viareggio, Alassio e Sorrento. Mete turistiche di grido, dove capita persino che il Comune dia ascolto ai commercianti e riduca i prezzi proprio per favorire l’afflusso di ospiti (è successo a Chioggia). Se poi andate all’estero, scoprite che la tosatura del cittadino al volante è un’usanza soprattutto italiana: provata di persona la sosta in una città austriaca a 50 centesimi, a ridosso della zona pedonale, nel cuore di un borgo magnifico e frequentatissimo dai turisti. Anche questo è sapersi vendere, anche questo è marketing territoriale. Sia indigeno o forestiero, l’automobilista – già vessato la sua parte da norme pazzesche d’ogni tipo, come quel tizio multato di 218 euro l’altra notte a Cermenate (Como) perché era fermo a telefonare a bordo strada con motore e aria condizionata accesi – non è un pollo da spennare, bensì un possibile cliente. E se lo accogli con un salasso, tanto più negandogli un servizio efficiente, nel migliore dei casi storce il naso e nel peggiore non torna più. Questo, molto banalmente, hanno pensato gli amministratori delle località indagate nel raffronto di cui sopra. Il disincentivo economico serve se ci sono alternative, altrimenti è un autogol mascherato da atto di necessaria furbizia. E anche il ragioniere del Comune, che oggi gongola, domani piangerà.