UBOLDO Se avessi saputo, non saremmo arrivati a questo punto…»: ha la voce bassa e stanca, Nicoletta Capuano, la compagna di Andrea Sannicandro, l’esercente 52enne di Uboldo titolare di un bar tabaccheria in viale Monza a Milano, «Loreto 1», trovato impiccato giovedì mattina poco dopo le 7 all’interno del locale dai suoi due dipendenti che si accingevano alla consueta apertura. Un suicidio che non sarebbe balzato agli onori della cronaca se non fosse per tre lettere che l’uomo
ha scritto prima di morire e che ha indirizzato a Nicoletta, al figlio 23enne, e ad un maresciallo dei carabinieri, denunciando una storia di usura della quale era vittima. «Non lo sapevo, non sapevo niente» ripete ancora la compagna. Comprensibilmente provata da dolore, non vuole aggiungere altro. Il bar di Sannicandro era assurto ad una certa notorietà per essere stato il punto di ritrovo di Lele Mora e dei suoi amici ai tempi in cui l’agente di tante dive dello spettacolo era ancora auge. Ora sulla morte del tabaccaio è stata aperta un’indagine: l’esercente ha scritto nome e cognome del suo presunto strozzino, un imprenditore 34enne di Brescia, a sua volta titolare di un esercizio in viale Monza, a poche centinaia di metri da suo. «Ho dato gli assegni a lui, e lui ha rovinato la mia vita e quella della mia famiglia» si legge nelle tre lettere. Sannicandro era gravato da svariati protesti, ed aveva ancora un muto in corso e latri precedenti prestiti da restituire. Come quindi almeno all’ inizio si era rivolto al normale circuito del credito. D’altra parte, osserva qualche poliziotto, se la sua situazione di usura fosse stata a conoscenza di altri qualcuno avrebbe avuto il dovere di denunciare la situazione. Di certo la famiglia di questa sua disperazione non ne sapeva nulla.
f.tonghini
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