Taglio degli stipendi? Il Pirellone dice no

La riforma costituzionale mette a dieta le Regioni: stipendi al Pirellone allineati a quello del sindaco di Milano, i consiglieri rischiano di perdere tra il 30 e il 40% di quel che guadagnano oggi.

È rivolta contro i tagli: «In Lombardia li abbiamo già fatti» sostiene il presidente . Ma nel passaggio del disegno di legge Boschi alla Camera «i segretari regionali del Pd chiederanno di modificare la norma». Ad annunciarlo è , numero uno del Partito Democratico in Lombardia.

C’è aria di burrasca al Pirellone dopo il varo in prima lettura al Senato del ddl di riforma costituzionale fortemente voluto dal premier.

Tra le pieghe delle norme che introducono il Senato non elettivo spunta anche il comma che sforbicia alla grande i costi della politica nelle regioni: tagliando gli stipendi e azzerando i fondi per i gruppi e per i collaboratori esterni.

Un’articolazione che suscita dubbi anche tra i renziani “doc”, così i segretari regionali Pd hanno già chiesto una correzione al testo alla Camera.

«Uniformare tutti i Consigli regionali è corretto, visto che non tutti hanno già fatto la loro parte, come è successo in Lombardia – spiega Alfieri – ma riteniamo che sia più opportuno farlo con una legge ordinaria piuttosto che nell’ambito della riforma costituzionale».

«Se rispetto ai tagli stabiliti in Regione Lombardia ci sono ulteriori aggiustamenti o rinunce da fare, siamo pronti, anche sui fondi ai gruppi consiliari. Ma non sui collaboratori e sul personale a supporto dei gruppi, perché significherebbe licenziare delle persone». Secondo Alfieri, è una rinuncia che metterebbe a rischio soprattutto il lavoro di chi sta all’opposizione.

«Parliamo di esperti e di persone che ci danno una mano nell’attività ordinaria e nel redigere le proposte di legge, visto che ogni consigliere non può essere onnisciente. Chi è in maggioranza potrebbe comunque appoggiarsi agli staff degli assessorati, ma chi è all’opposizione rischierebbe di non poter più svolgere il proprio compito».

Anche il presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo difende a spada tratta l’assemblea: «In Lombardia abbiamo già tagliato i fondi ai gruppi dell’86%, l’indennità del presidente del 40% e quella dei consiglieri del 27%».

«Noi i tagli li abbiamo già fatti. È una follia legislativa equiparare l’emolumento dei consiglieri regionali a quello dei sindaci, mentre azzerare i contributi ai gruppi significa impedire il normale esercizio della democrazia». Il rischio che intravede Cattaneo è quello di «distruzione del modello regionale», tutto per rispondere ad «un’operazione di facciata».

Del resto anche per il governatore la riforma «degrada le Regioni a prefetture di area vasta».

(Forza Italia) non si preoccupa dell’entità dello stipendio, ma piuttosto punta il dito contro l’ipocrisia di chi sta al Governo nazionale: «Ho sempre vissuto con i proventi che mi derivano dalla mia attività di avvocato da circa vent’anni e continuerò a mantenere la mia famiglia come ho sempre fatto» fa notare il consigliere forzista.

«Mi piacerebbe che Renzi avesse un sussulto di orgoglio e che proponesse la riduzione delle indennità anche per i parlamentari. L’impressione è che a Roma si stia predicando molto bene, ma razzolando male».

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