Venticinque anni per il Greensleeves: il Gospel Choir varesino raggiunge un traguardo importante e festeggia pensando al prossimo.
Venerdì alle 21, il Teatro Openjobmetis ospiterà il concerto di brani resi celebri dalla formazione, intervallati da storie e aneddoti della vita corale, raccontate da chi ha vissuto e vive il coro fin dall’inizio della sua storia.
In prima istanza stupisce la sua longevità. I motivi sono molteplici, ma uno è fondamentale come spiega il fondatore e direttore del coro, : «Ci piace cantare e abbiamo un forte ricambio. Abbiamo alle spalle una scuola e la fortuna che tanti ragazzi ci ascoltino e ci abbiano ascoltato» così si sono appassionati tanto da chiedere di entrare a farne parte.
«Ci sono almeno 5 o 6 coristi che non erano ancora nati quando c’è stato il primo concerto». Ciclicamente ci sono partenze e arrivi che su un ensemble di 35 elementi portano novità. «Non solo a livello vocale, perché il nostro è un coro di amatori, ma a livello interpersonale, di amicizia. Cantare in un coro è uno stile di vita».
Dietro un complesso di voci, infatti, «ci sono dei valori, delle regole, l’amore per la musica. L’educazione musicale concorre allo sviluppo della sensibilità estetica e affettiva ma, al tempo stesso, educa allo spirito di gruppo ed alla condivisione». Con questo spirito ha preso il via, qualche anno fa, il progetto Solevoci Academy che «si fonda sulla consapevolezza del valore socialmente attivo della musica: far musica insieme induce un senso di comunità, fa sì che si incontrino, si confrontino e si valorizzino le differenti personalità di quanti ne fanno parte».
Un altro punto fermo del coro varesino è il gospel.
«Facciamo quello da sempre e oggi abbiamo in repertorio quasi 200 brani. Nel tempo c’è sempre stato qualcuno o qualcosa che ha portato nuova linfa. Per esempio è un “figlio” del coro. L’ho scovato nella scuola elementare dove insegnavo, quando aveva 8 anni, e ora è solista e vicedirettore. E poi ci sono stati i cd le collaborazioni musicali dalla banda all’orchestra. Gli stimoli non mancano mai».
Dal 1992 molto è cambiato. «Nei primi due anni è stato un esperimento, perché eravamo i pionieri del genere in Italia e non avevamo esempi». Guardando oltre confine «abbiamo iniziato a fare amicizia e a creare scambi». Niente web o social per comunicare, ma carta e penna. «Ricordo ancora la lettera per un coro di Brooklyn di cui avevo comprato il cd alla Casa del Disco. Ho scritto alla Warner, la loro casa di produzione, per contattarli e poco tempo dopo sono arrivati quattro cd e altrettanti spartiti».
Lo scopo di diffondere la cultura del gospel non è mai venuto meno.
E così quell’esperimento iniziato da un ragazzo che a 19 anni, invece di andare nei pub si ritrovava con gli amici a casa o in un negozio di biciclette a cantare, è diventato una solida realtà varesina e ha dato vita a moltissimi “figli”: un festival unico nel suo genere che accoglie decine di formazioni ogni anno; un’accademia che accoglie dai 4 anni in su e una associazione; una “casa” al teatro Santuccio; decine di cori, da Gavirate a San Donato Milanese fino alla Brianza «seguiti da noi o che si sono ispirati cantando i brani dei nostri dischi».
Lo spettacolo celebrativo di venerdì porterà sul palco anche due ospiti musicali: i“Twin Cities”, fusione di alcuni cantanti dei Greensleeves e del Sunshine di Torino che si riuniscono per eventi speciali e per accompagnare cantanti americani in Italia e le giovanissime “Pop Up”, che hanno dai 14 ai 19 anni.
Parte del ricavato sarà devoluto ad Amici di Gulliver, l’Associazione di volontariato che dal 1986 sostiene le famiglie e gli Ospiti in difficoltà economica.