VARESE – Le organizzazioni sindacali hanno convocato per sabato 15 febbraio alle 10.00 al Cinema teatro Nuovo di Viale dei Mille 39 a Varese, l’assemblea pubblica internazionale dei frontalieri italiani in Svizzera di tutti i territori confinanti contro la nuova tassa sulla salute. “Prosegue l’accanimento nei confronti del lavoro frontaliero malgrado l’accordo unanime del Parlamento italiano avesse, dopo molti anni, determinato nuove regole condivise nel 2023 con la traduzione del trattato internazionale Italia-Svizzera e degli accordi sindacali nella legge 83/23,
all’indomani del quale una sequenza di provvedimenti hanno concorso a smontare un sistema di regole con grande fatica costruito negli anni tra le parti. L’introduzione nella finanziaria 2024 della famigerata tassa sulla salute sui cosiddetti “vecchi” frontalieri imponibili solo in Svizzera (contributori indiretti alla fiscalità nazionale attraverso i ristorni fiscali), viola esplicitamente il trattato internazionale, introduce la doppia imposizione malgrado le chiare regole OCSE, si pone in contrasto con l’art. 32 della Costituzione rispetto all’universalità dei trattamenti sanitari essenziali.
La norma, le cui modalità applicative competono alle Regioni, rimasta inapplicata per tutto lo scorso anno in relazione all’indisponibilità dei dati imponibili per lavoratori la cui posizione contributiva è in Svizzera, è stata ulteriormente peggiorata con la finanziaria 2025 che ha introdotto un’autocertificazione di fatto e raddoppiato il sistema sanzionatorio. La tassa, il cui obiettivo sarebbe quello di aumentare i salari del personale sanitario che lavora nelle aree di confine come forma di deterrenza alla migrazione oltre confine, oltre a costituire un pretestuoso contrasto d’interesse tra categorie di lavoratori, è un provvedimento chiaramente inefficace in relazione ai rapporti salariali tra i due paesi” scrivono in una nota le organizzazioni sindacali italiane e svizzere, che chiedono di fermare l’ingiusta tassa, ascoltando i frontalieri, le istituzioni territoriali, le stesse Regioni che hanno espresso opinioni articolate in merito. “Chiediamo di fermare l’adozione di questa norma riservandosi, in caso contrario, di adire alla giustizia al fine di eccepire la questione di costituzionalità.
Chiediamo la piena applicazione della legge 83/23 che ha esteso i suoi effetti ai frontalieri italiani sui nove confini nazionali, rimasta tuttavia incompiuta, ad oltre un anno dalla sua adozione, in materia di miglioramento della disoccupazione (Naspi) e di utilizzo dei ristorni e del fondo perequativo a valere sui progetti socioeconomici dei territori.
Registriamo il primo risultato delle proteste dei lavoratori con la convocazione delle organizzazioni sindacali al tavolo interministeriale (MILAV, MAECI, MEF), per il prossimo 24 febbraio, costituito al fine di definite, tra gli altri, uno statuto del lavoro frontaliero” aggiungono. “Chiediamo l’individuazione di una soluzione sull’assegno unico universale (AUUF) che sblocchi dopo oltre due anni, tanto per i frontalieri in uscita dall’Italia l’impasse tra INPS e casse di compensazione previdenziali dei paesi confinanti che erogano assegni familiari integrativi all’estero, quanto per i frontalieri in ingresso in Italia, l’erogazione dello stesso (oggi garantito solo in relazione alla residenza nel nostro paese), superando la violazione del principio comunitario della parità di salario a parità di lavoro per il quale l’Italia è stata messa in procedura d’infrazione, proprio a seguito di un’iniziativa sindacale che ne contestava la legittimità.
In tal senso, auspichiamo un’audizione presso il “gruppo di lavoro sulla gestione delle prestazioni ai lavoratori frontalieri”, costituito presso l’INPS nel dicembre scorso” concludono i sindacati CGIL, CISL, UIL, UNIA, OCST, SYNA.