Poteva essere già tutto finito. Punti tutto su una rosa, fai all-in su un allenatore, fissi l’obiettivo più importante. Poi il campo ti dà torto e il rischio è decidere di mandare tutto all’aria. Ma per vincere, non bastano i nomi; serve altro, come ha spiegato Molinari mercoledì: «In estate si fa un rosa, non una squadra». Nelle parole del bomber sono sottointesi tempo – chiave di ogni progetto – e fiducia – quella dimostrata nei confronti di Iacolino e dei giocatori -.
Chiara, invece, la parola squadra: base di ogni successo. Questo si è visto a Bra, questo è stato confermato con il Pavia: il Varese lo sta diventando. La cartina di tornasole, le prestazioni di chi ha vissuto momenti complicati: Molinari, che sembrava non vedere la porta e adesso l’ha trovata due volte di fila, in modo decisivo. Ancor più Zazzi – finito in panchina per prestazioni non in linea con il suo talento e, anche, per questioni “under” – che in un pomeriggio a Masnago, tra assist, voglia, coraggio e orgoglio, ha ritrovato – insieme a tutti i compagni – l’abbraccio e l’applauso dei tifosi. Il Varese, insomma, ha riacceso entusiasmo nel popolo biancorosso, pronto a partire al completo (auto, bus del Club, pulmini della Curva) verso Olginate. Popolo biancorosso che, come spiegato qui, è il vero patrimonio del Varese. Un valore, da mettere sul tavolo dove la società sta giocando una partita importante per il futuro. Chi ha ricevuto tempo e fiducia, ha una grande possibilità: restituire. Lavorando ancora con il sorriso (già da oggi: Franco Ossola, ore 15). E facendo ancora squadra. In tutti i sensi.