Nel 2017 è diverso. Se, da giornalista, devi scrivere un pezzo su un personaggio la prima cosa che fai è scrivere su Google il nome e iniziare le tue ricerche. E se scrivi “Salvatore Iacolino” tra i primi risultati che ti capitano sotto mano trovi il commento di un tifoso che la dice lunga: «E’ un grande allenatore che ha lasciato il segno ovunque sia stato, e a Cuneo ne sappiamo qualcosa. Un allenatore così porta entusiasmo quando arriva in un club e lascia una scia di profonda tristezza quando se ne va, un gran lavoratore che non raccoglie ancora abbastanza per quanto sa seminare». La data è quella del 10 Giugno 2011.
Nel 2017 è diverso. Se, da giornalista, continui le tue ricerche scopri che «di mister così se ne vedono pochi. Studia calcio, insegna calcio, applica un calcio sempre nuovo infondendo nel gruppo la consapevolezza necessaria per riuscire nelle imprese più difficili». La data in questo caso è del 20 maggio 2017.
Ma si sa, internet va preso con le pinze: il commento di un grande esperto è uguale al commento del primo che si incontra per la strada che di calcio poco ne capisce, tutto lascia un po’ il tempo che trova. E allora, visto che il giornalista che deve scrivere il pezzo comincia ad avere qualche capello bianco, continua le sue ricerche chiamando amici o colleghi che hanno avuto a che fare con lo stesso allenatore,
giusto per capire quale sia davvero la verità. Le risposte sono unanimi: un grande professionista che ha fatto tante cose buone ma non ha mai avuto la fortuna di fare il grande salto per andare nel calcio che conta. Lui che nel calcio che conta ci era stato da giocatore, con quel cartellino che negli anni ’60 era della Juventus, con quell’esordio con la maglia della Vecchia Signora il 26 aprile 1970 arrivato prima di una serie di cambi di squadra che lo hanno visto emigrare a Piacenza, indossare la casacca della Ternana, giocare nella Spal, nel Brescia e chiudere la carriera nella Biellese. Un calcio fatto di terra e sassi in certi casi, ma di qualità.
Nel 2017 però è diverso. Terra e sassi non si trovano più nemmeno in Serie D, ma qualunque sia il palcoscenico che venga calcato lo spirito è sempre lo stesso. Salvatore Iacolino da allenatore ha cominciato con la Primavera della Juventus vincendo un campionato nazionale, una coppa Italia e un Torneo di Viareggio prima di lasciare la panchina a Gian Piero Gasperini; era il 1984 e la strada che porta al 2017 è lunga, stilare l’elenco delle squadre allenate sarebbe inutile e dispendioso. Biellese, Canavese, Ivrea, Alessandria, Savona e Cuneo, giusto per citarne qualcuna. Cuneo, sì, là dove il tecnico arriva nella stagione 2010-2011, subentrando all’esonerato Danilo Bianco alla quinta giornata con la squadra terzultima in classifica, là dove, a fine stagione, vince il campionato con 9 punti di vantaggio sulla seconda classificata.
Nel 2017 però è diverso. Il contratto a fine stagione viene rescisso, arriva un’altra parentesi a Biella, arriva un anno sabbatico, arriva il richiamo da parte dei piemontesi, arriva il secondo campionato vinto. Un altro divorzio, un altro richiamo, uno altro campionato vinto nella scorsa stagione. Il palmares di Iacolino, oggi, conta 7 campionati di Serie D vinti, curriculum da vero specialista, quello che serve al Varese che deve rinascere per l’ennesima volta.
E allora no, passano gli anni e tutto è diverso ma non lui, non Salvatore Iacolino. Nel 2017 è tutto uguale a prima: terra e sassi, tanta passione e grandi risultati.