MILANO – “Ti mangio il fegato a te e a questi due infami di merda … mi devi dare l’indirizzo di dove abitano oggi … mi hai capito?…()sei un pezzo di merda … oggi vengo a casa tua ti ammazzo di botte … capito o no?”.
A rivolgersi così al nipote è Cristian Bandiera, 46 anni figlio del boss Gaetano a capo della locale di ‘Ndrangheta di Rho. L’intercettazione, contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare in carcera emessa dal gip Stefania Donadeo, a carico di 49 esponenti della famiglia che gestiva la piazza di Rho, riguarda il presunto tentativo di estorsione del luglio 2020 che Cristian Bandiera e Antonio Procopio avrebbero compiuto nei confronti di un collega di lavoro del nipote quarantaseienne, In particolare, i due affiliati alla locale rhodense, avrebbero preteso dalla vittima la consegna di 250 euro quale “asserito corrispettivo per un’attività di recupero crediti”.
Le teste di animali davanti a casa: “La prossima è di vostro figlio”
Minacce pesantissime che, da quanto è emerso dalle indagini della Dda di Milano, sarebbero state riservate ad almeno una quindicina di vittime ma nessuno ha mai denunciato.
Cose come questa “Gli dobbiamo fare trovare qualcosa dietro la porta…vengo io di notte e la metto…vado dal macellaio prendo una testa di un agnello, di capretto, sì che è un segno e gli mettiamo un biglietto in bocca ‘La prossima testa è di vostro figlio’…gliela fate trovare là che mi sono rotto i c…oni”.
La donna boss: “Divento cattiva”
“Vuoi che divento cattiva ed io divento cattiva”. “Non me ne frega un c.., se no ti taglia la testa”. “Adesso mi sono rotta il c… (…) le regole le faccio uguali per tutti io”. E’ questo il tenore delle minacce usate da Caterina Giancotti, 45 anni, finita in carcere oggi e accusata di avere avuto un “ruolo di organizzatore” nel clan della ‘ndrangheta di Rho. Giancotti, stando agli atti, sarebbe stata “persona
di estrema fiducia di Bandiera Cristian Leonardo”, figlio dello storico boss Gaetano, e lo avrebbe aiutato “negli atti di intimidazione e nelle estorsioni, nel traffico di armi, nel commercio della sostanza stupefacente, sino a sostituirlo, in assenza di quest’ultimo, con potere decisionale”. In particolare, nel recupero crediti e nel traffico di cocaina. Il suo ruolo è aumentato “nel periodo tra il 23 ottobre e il 1° novembre 2020” in occasione “dell’assenza” di Cristian Bandiera, “ristretto all’interno del carcere di Bollate, poiché posto dall’Amministrazione Penitenziaria in quarantena fiduciaria”. A quel punto, la donna lo ha “sostituito” nella gestione “delle attività illecite, coordinando” anche “i sottoposti” Antonio Procopio e Alessandro Furno, che avevano in lei “il loro punto di riferimento”. A un debitore, ad esempio, diceva: “io non ti lascio tranquillo, perché oggi li devi portare”. Spesso, si legge ancora, assumeva “la parte di intermediario per evitare conseguenze negative da parte di Bandiera” e diceva a chi doveva pagare frasi come queste: “Poi va a finire che uno perde la pazienza e si finisce a litigare e io voglio evitare”.