Nulla al mondo può prendere il posto della perseveranza. Non il talento, non il genio, nemmeno l’istruzione. Solo la perseveranza e la determinazione sono onnipotenti. C’è chi, come Tonina Pantani, l’ha provato sulla propria pelle. Ha perso un figlio, e questa è una cosa che non passa con gli anni, resta indelebile, è un ergastolo da scontare ogni singolo giorno.
No, stavolta non parliamo delle imprese di Oropa, di Montecampione, di Les Deux Alpes, niente di tutto questo. Semplicemente perché ad una madre, questo interessa fino ad un certo punto. Tanto che la Tonina quelle vittorie le viveva dal suo chiosco di piadine a Cesenatico, e misurava il successo del suo Marco in base a quanta gente si presentava lì in quella casupola della riviera romagnola a chiederle del Pirata. Ora di tempo ne è
passato parecchio, però non ha scalfito lo spirito di Tonina e di Paolo, la loro voglia di giustizia per quel figlio strappato via. In questi giorni, la figura di Marco Pantani è finita nuovamente sotto le luci della ribalta, per le nuove rivelazioni sul caso di Madonna di Campiglio. Che qualcosa non fosse andato per il verso giusto quel giorno, la Tonina lo aveva capito subito. Infatti non si è arresa, ha combattuto fin dal primo giorno contro tutto e contro tutti. Aveva fatto una promessa a suo figlio, ossia riuscire in ciò che Marco non era riuscito: scoprire chi lo aveva incastrato. Per anni e per molte persone questa è sembrata una battaglia inutile, non per Tonina, e ci mancherebbe altro. Perché la Tonina è una romagnola, di quelle testarde, decise, poche parole ma ben piazzate, coincise. E come ogni romagnolo che si rispetti, la Tonina si muove in quelle sottili pieghe tra la rudezza e le tenerezze, come quando le parli del suo Marco. Si agita e si commuove, alza la voce e si intenerisce. Pensavano in molti che questa sua battaglia sarebbe durata poco, che si sarebbe stancata di cercare la verità tra silenzi ed insabbiature, però nulla al mondo può prendere il posto della perseveranza.
Nessuno credeva sarebbe riuscita a scalfire quella cortina di omertà che c’era attorno alla morte di suo figlio. Nessuno ci credeva, abbiamo detto, eccetto lei. Neanche a dirlo, ha avuto ragione la Tonina. Ormai da alcuni giorni vi parliamo di Pantani, vi avevamo promesso che non ci saremmo fermati una volta spente le luci dei riflettori. Ed eccoci qua, a parlarne con la Tonina, che già avevamo abbracciato in due occasioni quando venne a Varese, nel marzo del 2014 e nel febbraio del 2015. Le cose, nel frattempo, sono cambiate, e i fatti degli ultimi giorni aprono la strada a nuovi risvolti. Lunedì, ai microfoni dei colleghi di Premium Sport, aveva commentato così la notizia delle possibili infiltrazioni mafiose che estromisero il Pirata dal Giro del 1999: «Finalmente qualcuno è riuscito a fare un buon lavoro dopo tanti anni che cerco e leggo da tutte le parti. Ringrazio i ragazzi di Forlì che ci hanno messo tanto impegno. É una conferma di quello che abbiamo detto per tanto tempo, ossia che lo avevano fregato. Non mi ridanno indietro il mio Marco però gli restituiscono un po’ di dignità, anche se per me non l’aveva mai persa».
La Tonina, di parlare non ha mai avuto paura, nemmeno nei momenti più difficili, e si confida a noi così: «In questi giorni, per quanto mi riguarda, c’è poco da dire perché quello che è successo lo avete letto tutti, è sotto gli occhi di tutti e noi lo sosteniamo da anni. Qualche conferma inizia ad arrivare». Le parole di Tonina sono poche, scorrono decise e fanno male: «Da parte mia c’è solo rabbia, tanta rabbia. Il Marco dopo i fatti di Madonna di Campiglio si era affidato a degli avvocati perché voleva capire chi lo aveva fregato, voleva trovare la verità. Eppure non era potuto arrivare da nessuna parte, non era riuscito a scoprirlo. Ora vogliamo farlo noi e per questo stiamo combattendo da anni, cercando giustizia. Abbiamo speso un capitale per cercare di fare chiarezza in quelle che secondo me sono cose palesi. É stato chiaro a tutti fin dall’inizio che qualcosa non quadrava. Prendo ad esempio l’inchiesta della Procura di Trento, anche io che di queste cose non me ne intendo molto, mi ero resa contro fin dal principio che ci fosse qualcosa di strano. Non vogliamo un colpevole a tutti i costi, vogliamo la verità, e andremo fino in fondo per trovarla».
Indubbiamente, il fascicolo della Procura di Forlì ha cambiato le carte in tavola e la famiglia Pantani è perciò pronta ad agire di conseguenza: «Ci siamo già mossi -afferma Tonina- il mio avvocato sta preparando tutte le carte per presentare una opposizione alla richiesta di archiviazione fatta dalla procura». Ed è forse giunto il momento che qualcuno chieda scusa, dopo troppo tempo: «Noi siamo sempre andati avanti per la nostra strada, qualcuno mi ha accusato di essere sempre in televisione a voler fare spettacolo. Invece di giudicare, queste persone dovrebbero capire cosa è successo a noi, e chiedere scusa».