A margine di un’amichevole con la Juniores e alla vigilia della finale playoff contro il Gozzano, il Varese si ritrova immerso in un momento di serenità. Ieri, al campo sportivo di Albizzate, si sono festeggiati i 40 anni di Luca Alfano, tifoso biancorosso “più unico che raro”. Una torta per tutti, le classiche note di auguri e tanti sorrisi stampati sul volto. Anche su quello di Stefano Bettinelli.
Festeggiamo Luca Alfano, che per me è un campione. Ha da insegnarci tantissimo, personalmente lo ritengo un esempio, una persona straordinaria con un attaccamento alla vita incredibile.
Queste amichevoli servono più che altro a livello fisico: il martedì e il mercoledì carichiamo, così al giovedì mi piace vedere la squadra che lavora sulla fatica, soffrendo. Mi piace vedere quel tipo di sofferenza in una partita in cui devi correre dietro ai ragazzini che vanno a 1000 all’ora perché vogliono morderti le caviglie. In questi momenti vedo il carattere e la professionalità di ognuno.
Ho lavorato con ragazzi di livello, sui quali si potrebbe puntare in futuro. Devo rendere merito a chi li ha scelti.
Diversa rispetto all’ultima giocata contro di loro (2-1 il finale maturato nella ripresa, ndr). L’altra volta ci siamo disuniti, specialmente nel secondo tempo, cercando di vincere una partita che però richiedeva più pazienza. Domenica sarà diversa, si giocherà sugli episodi e noi dovremo essere bravi a farli girare a nostro favore: perché è pur vero che sono episodi, ma te li devi creare perché non ti cadono dal cielo.
In mezzo al campo e davanti sono pericolosi, hanno qualità, sono rapidi e muovono velocemente la palla. Sanno punire se trovano spazi e sono bravi sui calci piazzati: ricordo che hanno centrato due traverse… Dovremo quindi stare attenti e tenerli lontani dalla nostra area.
Anche con la Caronnese era una finale e i ragazzi hanno dimostrato di saper stare in campo con sagacia e lucidità tattica: ciò mi fa ben sperare. Siamo consapevoli che sarà difficile, perché le aspettative sono sempre maggiori ma la squadra è in grado di giocare una buona partita. Questo è un gruppo che è maturato perché ha imparato a stare in campo in tutte le “partite nella partita” che si presentano: quella dello 0-0, dell’1-0 o 0-1, dell’1-1… Prima mi sembrava che a ogni episodio o segnale negativo la squadra reagisse in maniera scomposta, e non era un bene. Ora è maturata.
Inutile continuare a guardarsi indietro: siamo arrivati secondi perché qualcosa abbiamo sbagliato e perché gli altri sono stati più bravi di noi. I playoff non mitigano il dispiacere, però arrivare fino in fondo con un buon risultato è sempre una cosa buona.
Vincere è importante sempre, perché è la risultanza del lavoro che si fa in settimana. In questo caso, ci può dare un punteggio superiore per eventuali ripescaggi. Poi tutto passerà nelle mani della società, che mi sembra abbia intenzione di salire nella categoria superiore. Perciò più in alto arriviamo, meglio è.
Di fiducia, perché veniva da due sconfitte, e anche dopo la prima vittoria contro la Pro Sesto sono arrivati due risultati negativi contro Pro Settimo e Legnano. Alla squadra servivano certezze, che a volte vengono date anche dall’aspetto tattico: il 4-4-2 che avevo impostato all’inizio non dava ai ragazzi grandi soluzioni e non li aiutava a trovare serenità, il modulo (3-4-1-2) attuale invece aiuta tutti a ritrovare fiducia nei movimenti e nel modo di stare in campo. Si sentono più in grado di potersi aiutare.
È una domanda difficile, perché andranno valutate molte cose. Dovrò parlare con la società per capire quali sono gli obiettivi e i progetti; la categoria non è fondamentale. Ci saranno tante cose che faranno la differenza e affinché un matrimonio funzioni bisogna essere in due a volerlo. Quando ci siederemo ad un tavolo, penso settimana prossima, faremo tutte le valutazioni che vanno fatte nella conferma di un allenatore e nella voglia di un allenatore di essere confermato.
A Varese Bettinelli non lo scoprono di certo per queste dieci partite. Mi conoscono da dieci anni e le valutazioni andranno fatte su un percorso più lungo, costellato da momenti esaltanti e altri meno brillanti. Su queste dieci partite sarebbe riduttivo.
Non mi guardo mai indietro e non si può dire adesso se sia giusta o sbagliata: se in quel momento storico ho fatto questa scelta è perché ho ritenuto che fosse quella giusta, perciò è stata giusta. Penso sia inutile fare dietrologia a bocce ferme, in quel momento ho deciso di accettare perché pensavo fosse la cosa giusta. Ed è stata sofferta, lo confermo, perché allenare il Varese per me è un grande piacere ma anche una grande sofferenza. Oltre ad essere l’allenatore, io sono il primo tifoso e ciò rende tutto più difficile. Tutto ciò che faccio viene amplificato, nel bene e nel male, soprattutto nel male, ma fa parte del gioco ed io lo accetto.