Federico Robbiati è un ragazzo di 17 anni. Frequenta le scuole superiori come i suoi coetanei ma in questo periodo sta seguendo le sue lezioni dall’altra parte dell’oceano, in una High School di Gilbert, città americana nello stato dell’Arizona.
Partecipa infatti a uno dei programmi scolastici all’estero di WEP, organizzazione che da oltre venticinque anni promuove scambi educativi e linguistici all’estero per ragazzi delle superiori e non soltanto. Potrà assistere così in prima persona alle elezioni presidenziali americane del prossimo 8 novembre ed è testimone in prima linea dell’atmosfera intensa con cui l’evento è seguito dai cittadini americani, oltre che da tutto il mondo.
Intervistato riguardo i due candidati finali Donald Trump e Hillary Clinton, il ragazzo dichiara diplomaticamente di non simpatizzare per nessuno dei due.
Racconta di essere attualmente ospitato da una famiglia che è legata al campo politico e che questo gli permetta ancor di più di scrutare il comportamento ambivalente degli americani alla vigilia del voto: «Qui in America – racconta – ho notato una netta separazione nel comportamento politico delle persone: vi sono coloro che sono completamente attivi e coloro che invece sono stufi per il continuo bombardamento mediatico. In Arizona tuttavia, dove sto soggiornando, le elezioni presidenziali sono molto attese: il mio host-dad, che si era candidato per il Senato dell’Arizona un paio di anni fa, è molto attivo sia in città che a livello statale. Per questo posso confrontarmi spesso con lui riguardo alle prossime votazioni, accanito sostenitore del partito repubblicano».
Sulla figura di Donald Trump l’opinione dello studente varesino da un lato si schiera, dall’altro però si divide : mentre ne riconosce le capacità politiche, ne critica l’ambigua figura personale.
«Io non simpatizzo per nessuno dei due candidati poiché credo che i cittadini americani siano davanti a una scelta davvero difficoltosa in entrambi i casi».
Federico prova infine, seppur troppo giovane anche per votare in Italia, a immedesimarsi in un votante: «Se fossi chiamato a esprimere il mio voto, penso che alla fine opterei per Trump: per certi aspetti si avvicina di più al mio ideale politico, pur rimanendo conscio del fatto che non possa essere un modello di vita».