Denti, unghie e peli pubici: in caso di riesumazione del corpo di questi sono i soli elementi che potrebbero rivelare tracce biologiche dell’assassino della studentessa scout di vent’anni stuprata e uccisa il 5 gennaio del 1987. Quella della riesumazione «è sempre stata ed è tuttora l’ultima ratio», ha sempre detto , legale della famiglia Macchi «alla quale si vorrebbe risparmiare in ogni modo un altro enorme dolore».
Tuttavia, visto che gli 11 vetrini contenenti il Dna ricavato dallo sperma dell’omicida raccolto 29 anni fa dal medico legale, sono stati distrutti per ordine dell’allora gip per liberare l’ingombro dall’ufficio corpi di reato del tribunale di Varese, oggi che c’è un sospettato,, 49 anni di Brebbia, arrestato il 15 gennaio scorso, non c’è modo di poter fare una comparazione decisiva per chiarire se Binda è o non è l’assassino di Lidia. La riesumazione, almeno di insperate confessioni,
potrebbe ad un certo punto essere l’ultima speranza. Ma dopo 29 anni, servirebbe? «È difficile, molto difficile – spiega , medico legale di fama nazionale, allieva di , consulente in numerosi casi di grossa rilevanza, uno per tutti la strage di Erba – Ma il mio maestro mi ha sempre detto: se pensi di fare una cosa, allora falla, per quanto possa apparire complessa». Vasino spiega perché dopo 29 anni trovare tracce sulle spoglie di Lidia del suo assassino sarebbe molto difficile, ma non del tutto impossibile.
«La salma è stata tumulata a terra – dice – e a terra i flussi di decomposizione corrono di più. Meglio sarebbe stata una bara in zinco e la tumulazione in un loculo. Tuttavia se io dovessi eseguire quest’esame mi concentrerei su strutture più solide, e quindi con tempi di decomposizione meno rapidi, rispetto ai tessuti molli».
«Della cavità vaginale, ad esempio, dopo 29 anni non sarà rimasto nulla, suppongo. Ma potrebbero esserci ancora peli pubici, di struttura più robusta, sui quali potrebbe essere rimasta traccia di sperma e quindi del Dna dell’assassino». Altro punto: «Le unghie, anche in questo caso la struttura è soggetta a una decomposizione più lenta. Naturalmente non si andrebbe a lavorare su ciò che potrebbe essere rimasto sotto l’unghia, ma sull’unghia nella sua interezza». «Ventinove anni fa la tecnologia del Dna era agli albori, non erano disponibili gli strumenti per un’indagine scientifica di questo genere che abbiamo oggi». «Lidia potrebbe aver graffiato il suo assassino. Durante lo stupro, oppure dopo, ho letto che avrebbe cercato di fuggire, certamente ha provato a difendersi. Non sappiamo se possa aver magari graffiato il proprio aggressore». Infine i denti: «Vale lo stesso discorso strutturale – dice Vasino – E i denti potrebbero aver conservato qualche traccia anche se mi pare questa la possibilità più remota».
Ma qualora si trovassero tracce, sarebbero utilizzabili per una comparazione?«Sì – conclude Vasino – 29 anni fa l’abbondante quantità di sperma prelevata dal corpo della giovane non era sufficiente per eseguire delle comparazioni. Oggi basterebbe uno spermatozoo. E non necessariamente vivo, e questo vale anche per i tessuti epiteliali, per poter estrarre Dna sufficiente a una comparazione». Difficile, dunque, «molto difficile», ribadisce Vasino, «ma non completamente impossibile. Certo capisco che per la famiglia si tratterebbe di affrontare un dolore enorme senza avere alcuna certezza. Ma unghie, denti e peli pubici, qualora qualcosa fosse rimasto, sarebbero i tre elementi principali sui quali punterei qualora dovessi affrontare un’analisi di questo genere».