Trafficavano auto di lusso. Altri tre uomini ancora in fuga

Continua l’indagine che ha portato all’arresto di Massimo Trainito, oggi chiamato davanti al gip

Auto di lusso rubate, modificate e rivendute: è caccia agli ultimi tre componenti della banda. L’inchiesta che l’altro ieri ha portato all’arresto sette persone, tra cui Massimo Trainito, 49 anni, ex vice presidente del Varese 1910 nella stagione (2015) che vide il fallimento della società calcistica, il figlio Giampaolo e la moglie dell’ex numero due del Varese 1910, non è ancora conclusa.

I carabinieri della compagnia di Saronno hanno fermato i vertici del sodalizio criminoso, ma all’appello mancano ancora tre componenti della “manovalanza” addetta ai furti. Manovalanza composta da stranieri, ucraini per la precisione, due dei quali sono stati arrestati l’altro ieri, mentre i tre complici sono adesso in fuga. Gli inquirenti allargheranno le ricerche (e la procura di Varese dovrebbe spiccare un mandato di cattura europeo) anche oltre i confini italiani.

Oggi, intanto, Trainito comparirà davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia. L’intera famiglia è stata arrestata a Gela, paese d’origine, dove Trainito aveva riparato dopo aver intuito che i carabinieri si stavano interessando alla presunta attività illecita alla quale, stando agli inquirenti, tutto il nucleo familiare si dedicava con perizia. Trainito è proprietario di un’autofficina a Tradate che secondo gli investigatori era un’attività di copertura.

Nell’officina “transitavano” le auto rubate tra le province di Milano, Como e Lecco, tutte vetture di grossa cilindrata in particolare Range Rover e Suv Mercedes, dove venivano ribattuti i numeri di telaio e cambiate le targhe. Rocco La Cognata, il presunto promoter del gruppo, anche lui gelese, arrestato l’altro ieri nel torinese, vendeva quindi la refurtiva a prezzi scontatissimi: 30 mila euro per auto che ne costano almeno 70 mila. Gli interrogatori si svolgeranno a Gela, dove Trainito, padre e figlio sono detenuti mentre la moglie e madre di questi ultimi è sottoposta all’obbligo di firma, per rogatoria.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti gli “acquirenti” sceglievano marca, modello, cilindrata e persino il colore. Il gruppo di ucraini, quindi, setacciava ovunque, a cominciare dal milanese dove almeno i due arrestati risiedevano, sino ad individuare la macchina desiderata. L’auto veniva fotografata, posta all’approvazione del promoter in modo che verificasse che fosse esattamente come richiesta, quindi il gruppo consumava il furto. La banda aveva a disposizione delle centraline elettroniche modificate che venivano sostituite a quella originale in modo da poter mettere in moto l’auto senza problemi.