Il Comune mette in mora lo Stato italiano. Nelle casse di Palazzo Gilardoni mancano all’appello tre milioni e 462 mila euro di trasferimenti statali, somme che per una sentenza della Corte Costituzionale sono state «illegittimamente trattenute» dal Ministero ai tempi della “spending review” del governo Monti. «Lo so che non ci restituiranno mai quei soldi – ammette il sindaco – ma se non ci rispondono entro 30 giorni, il prossimo passo sarà un’ingiunzione di pagamento».
La lettera è partita nei giorni scorsi: il sindaco «intima e diffida, entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della presente istanza, il rimborso» di ben tre milioni e 462 mila euro, somme «illegittimamente trattenute» nell’ambito del Fondo sperimentale di riequilibrio nel 2013, una manovra da 2,25 miliardi di euro complessivi di tagli agli enti locali che è stata dichiarata «incostituzionale» dalla Consulta in una sentenza del 2016.
Eppure, nonostante il pronunciamento della Corte Costituzionale, Roma non ha fatto nulla per restituire il “maltolto” ai Comuni. Qualche mese fa la battaglia, ribattezzata come “la presa della Bastiglia” degli enti locali, era stata lanciata dal segretario provinciale della Lega Nord e dal consigliere provinciale , invitando i sindaci di centrodestra a mettere in mora lo Stato italiano per riavere i soldi che erano stati «tolti illegittimamente».
Con i 3 milioni e 462 mila euro che mancano in bilancio, Busto Arsizio avrebbe potuto sventare il contestato aumento della Tari, due milioni di euro. E forse avrebbe anche potuto evitare di mettere sul mercato i “gioielli” del patrimonio comunale, le società partecipate del gruppo Agesp, per le quali è stata lanciata nelle scorse settimane una manifestazione di interesse per la ricerca di partner industriali (a cui hanno risposto cinque gruppi). Una mossa che mira a generare introiti extra con cui far respirare i conti.
D’altra parte, il sindaco Antonelli lo ha ripetuto in più occasioni, che se non ci fosse stato il blocco delle aliquote dei tributi locali, Busto avrebbe aumentato l’addizionale Irpef, oggi ferma allo 0,4% contro un’aliquota massima dello 0,8%. Detto questo, le speranze che Roma possa rispondere alla messa in mora di palazzo Gilardoni restano scarsissime, anche se il sindaco è pronto ad agire con un’ingiunzione di pagamento, esattamente come si fa con qualsiasi cittadino o impresa che non paga il dovuto. «Il governo si sta già organizzando per correre ai ripari, ma i sindaci hanno il dovere di resistere a questi soprusi» gli fa eco il segretario provinciale leghista Bianchi. Una battaglia contro i mulini a vento, forse. Ma giusta.